lunedì 8 giugno 2015

2-3-4-6 ...poker?

 Dove si parla di Reggio Emilia, di Lugo, di Desenzano e di Piavon, dei perchè della vita, di RAAM, di campionesse di scherma e di dis-organizzatori di randonnèe.

Nonostante questa sia follia, c’è ancora del metodo!
(W. Shakespeare, Amleto)

"Cosa sio drio fare? Siesento chiometri sensa fermarve? Ma vialtri a si mati." afferma con sicurezza un barcollante avventore del Bagpipe pub dove verso la mezzanotte ci siamo fermati per l'ultimo caffè prima di inoltrarci nella notte Veneto-Friulana. Certo, sta piovigginando, ma se la normalità comporta il passare serate tutte uguali a imbottirsi di birra, TV o struscio nelle vasche cittadine beh allora lasciateci la nostra follia già elogiata dal buon Erasmo più di 500 anni fa...
Comunque anche questa stravagante passione umana che ci porta a pedalare per centinaia di chilometri con brevi soste ha le sue regole e i suoi traguardi: quello più noto si dipana ogni quattro anni da Parigi a Brest e ritorno e rappresenta la seconda gara ciclistica più antica della storia, Si narra che all'arrivo della prima edizione nel 1891 ci fossero 10mila persone ad attendere i ciclisti a Parigi...e giustamente Mike Hall, organizzatore della Londra-Istambul nonchè circumnavigatore del mondo senza supporto in 91 giorni, rivendica oggi la purezza del ciclismo proprio nelle lunghe distanze.

Personalmente però credo che questa della Parigi-Brest sia solo una scusa perchè la vera soddisfazione è il raggiungimento di un obiettivo arduo ma possibile che rende tanto simile questa passione all'alpinismo. Anche le nostre bre-vette hanno dislivelli e lunghezze, prati, rocce, freddo e caldo, asfalto, notti e temporali. Ma alla fine si torna a casa, se tutto è andato bene, soddisfatti, magari col sedere in fiamme ma con l'impressione di essere ancora capaci di vivere un sogno estraneo a questa vita monotona e banale, dove la fatica viene vista come il male assoluto. Sono piccole imprese nelle quale si conoscono altre anime erranti come noi, magari con altre motivazioni e velocità, ma affratellati da questo sforzo che cementa amicizie come solo i sogni comuni riescono a fare. Inoltre si scoprono angoli dimenticati ma splendidi dell'Italia minore che il tipico andare lento della bici permette di assaporare tra sapori antichi e magari vecchie osterie. Avventure vissute con spirito giovanile talvolta goliardico e che nella vita quotidiana e standardizzata non ci permetteremmo mai...per qualche ora ci togliamo la maschera dell'artigiano, dell'impiegata o del professore per tornare randonneur alla ricerca del tutto e del niente.
Sappiamo bene poi che non tutto scorre in modo così corretto, che oltre alle profonde amicizie nascono anche antipatie e che anche qui esistono persone che sfruttano questa passione per fini volgarmente economici ma il randonneur è generalmente uomo di mondo e sa a quali debolezze ci costringe talvolta la miseria della situazione umana....così è la vita.
In ogni caso per poter sfidare la sorte parigina con altre migliaia di ciclisti provenienti da tutto il mondo bisogna aver percorso da gennaio un "aperitivo" di quattro brevetti da 200-300-400-600 km entro tempi prefissati, teoricamente per selezionare i partecipanti ma, insinuano le malelingue, soprattutto per riempire le casse degli organizzatori. Perchè, sì, l'iscrizione costa oltre 100€ ma durante "l'olimpiade dei randonneur" l'organizzazione poi trova stratagemmi per mungere ancor più abbondantemente i partecipanti che devono scucire svariati euri per ogni bisogno dall'acqua alla branda passando per la doccia o un misero panino.
300: Reggio Emilia
Questa serie di brevetti in sè e per sè non è particolarmente ardua e sono 4 anni che la completo con facilità ma quest'anno tutto mi si è complicato con la rottura della spalla e conseguente operazione con placca e viti avvenuta a metà di febbraio ovvero tre settimane prima del primo brevetto di Reggio. Devo ammettere che questa scadenza mi ha ulteriormente caricato e motivato nella riabilitazione tanto che il 19 aprile sono già alle prese con la 300 sempre a Reggio Emilia. Non sono assolutamente pronto per tale distanza visto che ho passato un mese e mezzo di immobilità e solo dieci giorni in bici e sono abbastanza preoccupato. Il chirurgo dopo l'operazione ha sentenziato, essendo anche lui ciclista, "auto sì ma bici no" e poi..."io non ti riattacco più" insomma parto veramente guardingo ripromettendomi di andare piano, di non stare in gruppo e di fare i tratti in sterrato scendendo dalla bici... tanto basta arrivare... ma sono promesse da palombaro ciclista infatti dopo un'oretta mi trovo addirittura in testa al gruppo a tirare a 35KMH cosa che evidentemente pagherò nel finale. Comunque riesco ad arrivare coi primi fino a Peschiera ma poi sugli strappetti dopo Desenzano non ce la faccio a seguirli e vado del mio passo seppur apostrofato da un rude compaesano bergamasco con un "ndoma barba...".
Personalmente ho sempre detestato gli organizzatori che infilano pezzi di sterrato più o meno pericolosi e magari nel finale dei brevetti quando si è più stanchi ed è un attimo scivolare e farsi del male per niente: non usiamo bici e copertoni adatti e non capisco proprio il senso di queste torture. Di certo le strade asfaltate sul Lago di Garda non mancano e guardo con commiserazione un paio di colleghi che hanno forato e devono assistere malinconicamente al gruppetto che si allontana. La beffa è che il "controllo" consiste nello scrivere ad un certo punto il numero di un sentiero con l'ora del passaggio...cosa che chiunque può facilmente taroccare. E'vero che oramai metà dei controlli nei brevetti sono autogestiti però visti i rischi che questo pezzo di strada comporta per la mia spalla destra, la tentazione di tagliare ammetto ci sia stata. Bevo invece fino alla fine l'amaro calice, incurante delle apparizioni olografiche del mio chirurgo che sghignazza dicendo: se cadi tra ossa e ferri sai cosa si rompe prima? Ma io poi non ti riattacco più..." Per fortuna la zona eroica finisce e riesco a rientrare con molti sforzi proprio al controllo-ristoro sibolicamente piazzato al mausoleo di Solferino. Questa per me è una vera battaglia, confesso a qualche amico raggiunto, ma già essere qui per me è una vittoria. Pedalo ergo sum. Riparto con un certo affanno visto che le forze iniziano a mancare e appena la strada sale non ce la faccio più...non ho forza e mi arrendo all'evidenza di dover trebbiare il rientro di 100km padani in solitudine. Naturalmente si alza un vento antipatico che spira, ma và?, proprio in faccia. Lo so che è sempre così ma ogni volta mi ritrovo a meditare sulle correlazioni tra la legge di Murphy e quella di Eolo. In più il panorama è proprio monotono, piatto piattume padano, dove svetta come un colpo di fulmine la vista della quattrocentesca corte Castiglioni di Casatico con la pittoresca Osteria due platani, un posto fuori dal tempo.

 E' quasi superfluo annotare che la tracciatura GPS è qui totalmente annodata e quando raggiungo l'inutile controllo "ristoro" di Guastalla a 50k dall'arrivo mi dicono che d'ora in avanti dovrò seguire solo la frecciatura sull'asfalto ma anch'essa prima Rggio sparisce per alcuni tratti però chissenefrega sono arrivato, sono vivo, ho finito il primo tassello del poker per Parigi ma soprattutto non mi sono fatto nulla alla facciaccia delle gufate dell'ectoplasma del chirurgo....
400: Lugo
Passano tre settimane ed eccomi a Lugo, una delle mie rando preferite...mare e monti, Toscana e Romagna, buona organizzazione ma anche altimetria di tutto rispetto con quei 4000mt di dislivello concentati nei 150k finali. Quando stavo bene non mi sono mai preoccupato ma oggi la montagna è il mio tallone d'Achille e so che soffrirò ma anche che la soddisfazione alla fine sarà per questo ancora maggiore. Ritrovo Daniele, Alfredo e tutti i simpatici organizzatori e partiamo per i soliti 100k verso Comacchio con la tipica attraversata in battello all'olandese 

ed i lunghi tratti sull'Adriatico. Andatura come sempre inutilmente elevata non mi impedisce di far conoscenza con un piemontese emigrato a Modena che è stato uno dei pionieri del movimento rando in Italia. Mi racconta di quanto sia cambiato lo spirito originale e di quanto ci si stia sempre più granfondendo ma lancia anche un allarme sui numeri dei partecipanti ai brevetti in Italia che sembrano in aumento ma solo grazie ai brevettini da 100-200 km mentre sulle lunghe distanze c'è un po' di calo. Certo la vita del randonneur è dura e le trasferte sempre più costose e non stupisce che ogni anno ci sia qualcuno che molla e non ci siano molti rimpiazzi...naturalmente nell'anno della PBP questo si nota di meno ma se un ciclista prova a partecipare ad una rando per sfuggire ai rischi delle granfondo o ammaliato dal motto "piano ma lontano" e poi si ritrova intruppato sui 38 all'ora beh non c'è da stupirsi se la prossima volta ci pensi due volte.
Mi ritrovo a meditare a queste cose mentre inizio ad arrancare sui primi strappi della salita verso il passo del Carnaio...qui gli altri anni sputavo l'anima per stare con i migliori ma quest'anno me ne frego, vivo alla giornata memore della crisi dell'anno precedente sulla salita della Calla dove arrivo che inizia a albeggiare. Mi vesto con tutto quello che ho visto che la discesa nella foresta casentinese è notoriamente fredda però con un po' di luce posso apprezzare la bellezza di questi luoghi e convengo con la decisione degli organizzatori per modificare il giro l'anno prossimo permettendo ai ciclisti di assaporare le bellezze naturalistiche di queste zone. Poi scendo fino a Papiano dove in gioventù vissi un'intensa esperienza pastorale (non in senso religioso ma reale:capre e pecore) e salgo alla Croce dei Mori da dove parte la più bella discesa del mondo. Qualcuno certamente non condividerà questa mia enfasi. Infatti a metà discesa una sinistra ambulanza si para in mezzo alla strada e mi diranno poi che uno dei nostri è caduto malamente dopo aver investito un tasso. Questo mi fa riflettere molto. Non so quanti tassi vivi abbiate visto voi, io e tutte le persone che ho interpellato nessuno. Quante probabilità ci saranno che un animale così raro decida di attraversare la strada , tra l'altro in mezzo alle case, proprio nel momento nel quale scendete voi alle 4 di mattino? Questo conferma che se la fortuna è cieca invece la sfiga ci vede benissimo...per fortuna l'amico la prende bene e malgrado la rottura del gomito e altro, scherza così giorni dopo sul forum: "Beh ho visto un tasso in discesa e l'ho preso al volo..." e sì che era la sua prima notte randagia, certamente indimenticabile...
Ma torniamo a Lugo dove sono frattanto arrivato all'ultima asperità del giro ovvero il breve ma intenso strappo del Beccuggiano, solo4km ma tutti sul 10-14% che dopo 350k si fanno sentire. In più a quel punto la rando si inserisce nella granfondo del Giro di Romagna . Come tutto nella vita questo comporta aspetti positivi e altri negativi: nel pro c'è un ristoro degno di un matrimonio nel contro l'umiliante confronto con i pimpanti granfondisti...vi sono stati anni nei quali ho anche provato a seguirli in discesa fino a Faenza e oltre ma gli anni e gli acciacchi mi ha insegnato la calma e la moderazione...è proprio vero quello che diceva un proverbio tibetano: Quello che non insegna la saggezza lo insegna la malattia.
200:Desenzano
L'ARI (Audax Randonneur Italia) ovvero l'organizzazione che coordina i brevetti e quanto vi ruota attorno, sta facendo dei passi da gigante. Diciamo che il movimento italiano è abbastanza giovane, una quindicina d'anni, e all'inizio tutto è vissuto in modo pioneristico così come i primi spartani brevetti: autosufficienza alimentare e logistica, controlli autogestiti ...insomma poco stress. Solo la scadenza quadriennale della PBP imponeva un minimo di struttura organizzativa. Poi i numeri sia dei partecipanti che dei brevetti sono aumentati ed è sorta la necessità di un organismo che coordinasse il tutto. Adesso c'è la Randocard, ci si iscrive online pagando con Paypal e scaricando la liberatoria già compilata. Però siamo in Italia e si sa che la voglia di sottostare alle regole qui è molto relativa e c'è sempre qualcuno che vuole fare di testa propria.
Comunque sul sito ARI c'è il suo bel calendario nazionale dei brevetti dal quale ognuno può comodamente scegliere i brevetti più vicini a casa o più interessanti. Mancandomi il 200 e non volendomi spostare troppo da Carpi avevo puntato sul giro del Garda del 16 maggio. Ero ignaro che la rando fosse inserita nel Colnago Festival e soprattutto delle tristi conseguenze che ciò comportava.
In questi anni ho fatto brevetti di ogni tipo: da quelli organizzatissimi tipo Londra-Edimburgo-Londra a quelli più spartani come il Tour di Ungheria. Brevetti molto belli come quelli intorno a Milano oppure organizzati dai classici quattro appassionati come Castelfranco o Bologna o in Toscana. Qui si muoveva nientemeno che la Colnago, mi illudevo, e chissà che sballo. Mai apparenza fu più falsa. Gli è che Colnago organizza questo Cycling Festival che culmina con la consueta granfondo ma deve trovare qualcosa da far fare ai ciclo-arrapati, spesso stranieri, anche negli altri giorni. Potrebbero organizzare sulla spiaggia gare di biglie in plastica con i nomi dei vecchi campioni invece da un paio d'anni hanno avuto la pensata di inserire una rando che in verità funge da aperitivo per la gara dell'indomani: inutile dire che i due avvenimenti sono in antitesi come una degustazione di Champagne durante il Ramadam.
Già l'iscrizione suona strana: non è possibibile farla dal sito ARI ma direttamente da quello della SDAM una delle società più accreditate per il cronometraggio di granfondo o maratone, poi il prezzo di 30€ è sproporzionato. Per intenderci l'anno scorso alla 1400 ungherese per 35€ ci hanno dato una maglia da ciclismo personalizzata col tuo cognome stampato, la medaglia e il diploma, due dormitori e qualcosa da mangiare lungo la strada. Non c'è paragone visto il servizio offerto da Colnago. Alla partenza sul lungolago di Desenzano c'è addirittura lo speaker però poco dopo si sono dimenticati di togliere le transenne e dopo 200mt si rischia il volo collettivo.

 L'unico lato positivo è che incontro il buon Paride Miglio con il quale non avevo più avuto modo di parlare dopo la RAAM. Si è infatti concesso un periodo di riposo ma parla dell'esperienza USA in termini estatici. Il paese degli estremi lo ha veramente colpito con i suoi rettilinei da 700km in mezzo al deserto e le fermate al passaggio a livello da 45 minuti per un treno merci. Mi racconta dell'importanza in queste gare del team, 10 persone, e del corrispondente esborso economico ma si dice pronto a ritentare tra un paio di anni. Lo ammiro molto anche se all'inizio delle gallerie si gira e torna a casa lasciandomi solo col solito ventaccio contrario all'altezza di Torbole. Naturalmente gli arrapao sono partiti forte, dopo pochi km eravamo già sui 40all'ora, ed hanno proseguito così. Ne vedo alcuni al controllo-ristoro di Limone dove arriviamo ai 34 abbondanti di media e veramente del randonneur questi non hanno nulla. Il ristoro è veramente scarso ma mi godo lo splendido panorama del Garda prima di Riva tra una galleria e l'altra.
La calda salita di Brentonico viene illuminata ai primi tornanti dalla poetica scritta nuziale " OGGI BALDORIA- DOMANI FINISCE-LA SPOSA COMANDA- E L'UOMO OBBEDISCE" piccola gemma di saggezza popolare trentina ma anche universale a pensarci bene.
Poi si scende verso la ciclabile dell'Adige dove trovo il secondo misero ristoro, qualche pezzo di banana, una crostata e pedalare.

 Si segue la ciclabile quasi fino a Verona ma si prosegue fino a Valeggio e da lì si risale verso Desenzano. Mentre pedalo in quella zona vengo fermato da cinque partecipanti al brevetto di Rovigo, che ho già incrociato varie volte visto che continuano a perdersi dato che non hanno nè esperienza nè GPS. Seguono un po' la frecciatura e un po' il roadbook ma adesso sono fermi presso un contadino visto che il roadbook di uno di loro indica che dovrebbe esserci un controllo da quelle parti. 

Gli dimostro invece che nell'ultima versione il controllo è scomparso, facciamo un selfie col simpatico contadino e me li tiro dietro fino all'arrivo. E' la loro prima rando e temo sia anche l'ultima visto quello che hanno trovato per strada. All'arrivo poi ci arrabbiamo ancora di più visto che il promesso pasta party è stato cancellato...rispetto ai precedenti miseri ristori c'è qualche fetta di ananas in più e basta. Le due ragazze addette al controllo ne capiscono di randonnee come io di alta moda ...basta vedere come compilano il tesserino giallo che il grande Lorenzo Borrelli definisce sacro ma che per loro, evidentemente, vale come un biglietto del treno usato. Credo non sappiano neppure cosa sia la Parigi Brest. D'altronde anche ai piani alti della Colnago ho l'impressione che non abbiano molto le idee chiare visto che mentre scrivo, e sono già passate quasi tre settimane, la lista degli omologati non è ancora apparsa sul sito ARI ergo non ho il numero di omolologazione ergo corro il rischio, ma non voglio neppure pensarci, di dovermi sciroppare un'altra cammellata per avere l'omologazione richiesta... sono proprio dei s pro vveduti,e uso un eufemismo, questi Colnago...
600 : Piavon
Non si può certo accusare l'ARI di non aver dato la possibilità a tutti di brevettarsi. quest'anno.almeno al nord anche per la 600 c'erano molte possibilità ed io sia per questioni di tracciato ma anche di date ho optato per la versione veneta. Quella di Castelfranco l'ho già fatta due volte e comunque passa in zone nelle quali pedalo ogni giorno, mi intrigava quella in Toscana abbinata con le terme che sono una mia grande passione ma il percorso era duretto e l'acqua calda d'estate non è proprio il massimo. Andrebbe detta poi qualcosa sulla moda di fare la rando ad anelli: la 600 di Nerviano ne prevedeva 3 da 200km l'uno e ritorno ogni volta dal Via! come al Monopoli. Questo sicuramente è comodo ma snatura ulteriormente la natura della rando accelerando l'approccio granfondistico....
Ma torniamo a Piavon dove il consueto , e comodo, spazio ai campi sportivi è stato sostituito causa elezioni con i locali parrocchiali mentre il ritrovo è fuori da un bar dove il buon Giuseppe cerca, con l'aiuto di qualche parente precettato per l'occasione, di gestire la burocrazia delle iscrizioni. Con scarsi risultati purtroppo. Qui siamo passati dalla grandeur strafottente della multinazionale della bici alla totale autogestione di un purosangue anzi di un randosauro. E' inutile dire che Giuseppe batte Colnago 3 a 0 ma certo non ci sarebbero stati male un paio di punti di controllo con ristoro a metà degli spezzoni da 300km nei quali è diviso il brevetto. A proposito di ristori il buon Giuseppe da vero self made-man prepara anche i cibi e durante una 300 nell'anno passato ho avuto modo di dissertare con lui a 1000 mt sulle implicazioni della dieta vegetariana. Certo non vivo più situazioni critiche come quando andavo 30 anni fa nei ristoranti yugoslavi o in pakistan dove il pane o le patate erano l'unico alimento possibile però è dura quando arrivi ad un ristoro dopo 150km e trovi solo panini al prosciutto. In ogni caso avevo preavvisato il buon Giuseppe che se se non disturbava troppo avrei gradito qualcosa veg...immaginate la mia delusione quando arrivo su questo passo alpino e trovo il mio riso pieno di tonno. "Mi sono informato- sostiene Giuseppe- e i vegetariani non mangiano carne ma il pesce sì..."Gli faccio notare che dopo 30 anni ed accurate ricerche posso confermare che il tonno e la trota sono animali come le pecore o i bradipi ed è stato solo un barbatrucco ecclesiale quello di aver creato questa falsa differenza ma poi lascio stare la surreale disputa, mi mangio due crostate e amen. Questa volta Giuseppe non si sbaglia ed al ristoro notturno trovo un'ottima pasta alla verdure che mi centellino pensando di poterla finire il giorno dopo all'arrivo...purtroppo partecipa al brevetto anche l'ex campionessa di scherma Dorina Vaccaroni che da qualche anno partecipa alle granfondo e, immagino, quest'anno voglia partecipare alla PBP. Il fatto è che anche la Dorina è vegetariana perciò si spazzola all'arrivo la mia razione K e pace. La solidarietà ciclo-veg mi aiuta a superare il brutto colpo....
Ma torniamo sulle strade venete dove si snoda la lunga fila , siamo una settantina, di temerari. Dopo un'oretta abbastanza blanda i soliti esagitati iniziano a tirare sui 35/38 finchè Mariano e soci non si piazzano davanti mantenendo una velocità regolare fino all'inizio dell'unica lunga salita della giornata ovvero la Cima di Campo.
Naturalmente in vetta pioviggina ma non fa freddo malgrado siamo quasi a 1500mt e la discesa è molto bella, controllo autogestito a Castel Tesino (certo potevano anche avvisare che avremmo trovato addirittura un bici-grill sulla strada principale invece che farci arrampicare in paese alla ricerca di un bar) poi si scende fino in Valsugana e qui si capisce cosa intendeva l'organizzatore quando nel briefing di partenza parlava di "frecciatura a macchia di leopardo". Insomma la traccia GPS è stata fatta qualche mese fa poi sono passati e hanno frecciato un po' a sentimento ed il risultato è, come potete immaginare, un gran casino. Per intenderci io che seguo di solito in modo religioso la traccia GPS mi trovavo spesso a bivi nei quali le indicazioni sono diverse: arrivando in Valsugana decido di seguire le frecce che però all'incrocio successivo "leopardescamente" non ci sono più e io mi ritrovo a smoccolare cercando di capire a naso la direzione giusta. A Borgo di Valsugana 

si imbocca la bella ciclabile verso Bassano e mi accorgo che siamo in Trentino e lì le ciclabili sono abbastanza belle. Nel frattempo si crea, come spesso accade nelle lunghe discese, un gruppetto composto dai cinque di Portogruaro più Salvatore di Milano e lo sloveno Eugen. Il gruppo di Portogruaro si ferma ad un bar e restiamo soli al ponte "sacro" di Bassano.


Con Salvatore ,che ho già conosciuto alla LEL ed è davvero un randonneur esperto, gli argomenti non mancano invece lo sloveno è più taciturno e decisamente poco in palla, lo rivedremo grondante ai 300 prima del ritiro. Raggiungiamo invece Antonio, del giro di Mariano, e con lui arriviamo fino al controllo: il problema è che la ghiotta scritta di questa gelateria ci fa fare una breve sosta che sarà fatale: arrivati a 5km da Piavon veniamo investiti dal classico temporale estivo che ci inzuppa come delle alghe e arrivati al controllo veniamo irrisi dal gruppo che ci aveva superato mentre ci godevamo il gelato e che era riuscito ad arrivare senza prendere acqua. Ah le fatali tentazioni...fatte, come diceva Oscar Wilde"perchè vi si possa cedere..."

Dopo la gustosa pasta, di cui ho già tessuto le lodi, mi cambio e nel frattempo il temporale si è un po' allontanato...nessuno nutre molte speranze per la notte visto che il giro di boa degli ultimi 300 è posto a Gemona , sopra Udine, zona tristemente nota come il pisciatoio d'Europa. Comunque ripartiamo con la banda di Mariano, con i quali avevo già pedalato in Ungheria, e con loro vivo l'esilarante discussione fuori dal pub citata all'inizio. Il tempo sembra poi virare miracolosamente al bello mentre la tracciatura del percorso resta un mistero buffo. Giuseppe, cui piacciono molto molto gli sterrati (mortacci sua...) ci aveva preavvisato di evitare quello di San Vito, cosa che noi facciamo, poi però la traccia ci conduce inesorabilmente verso un fangoso tratturo di campagna, reso ancora più scivoloso dalla fresca piovuta. Uno di noi cade e le bestemmie si sprecano...ho già espresso le mie considerazioni sopra ma pensate alla mia impressione quando all'arrivo Giuseppe casca dalle nuvole e capiamo che questo carradone in mezzo ai campi è un ennesimo errore di tracciatura di openrunner. Dopo Gemona vedo che la Banda Simionato è rimasta da troppo tempo senza locali pubblici dai quali attingere caffè, grappini e altro e conoscendoli so che questo li mette in crisi e che sono un po' come la Cucaracha della nota canzone, anche se per altri motivi" che "non puede caminàr ". Tutto a un tratto mi giro e non c'è più nessuno ma ci conosciamo e quindi vado avanti da solo. Passo il curioso murales sulla salita di Bordano dove si allenava Bottecchia ed hanno ricordato tutti i grandi del ciclismo. Mi smazzo quindi gli ultimi 100km da solo dopo aver notato, con raccapriccio, quanto brutta e devastante per l'ambiente sia l'autostrada per Tarvisio e quanto sia bella invece la discesa sulla Valdobbiadene letteralmente pullulante di ciclisti. Ripasso poi a Vittorio Veneto e scopro la bellezza, passato dopo il geniale lago di Lago, giuro si chiama così, di castel Brando dove conto di tornate con la sposa appena posso.
Gli ultimi "veloci" 50km non sono per niente tali visto che spira un forte vento contrario, non so se sia "borìn" ma decisamente è una rottura di maroni. Comunque è fatta, torno alla partenza in solitaria dopo poco meno di 30 ore, tempo non esaltante ma va bene così, sono felice di aver completato il poker, di aver visto bei posti e aver conosciuto o rivisto altri "matti" con i quali, ed è un privilegio raro, non c'è bisogno di trovare scuse o spiegazioni a questa lucida follia ciclistica.
Alè compagnons, Paris nous attend...