Dove si parla di
Reggio Emilia, di Lugo, di Desenzano e di Piavon, dei perchè della
vita, di RAAM, di campionesse di scherma e di dis-organizzatori di
randonnèe.
Nonostante questa sia
follia, c’è ancora del metodo!
(W. Shakespeare,
Amleto)
"Cosa sio drio fare? Siesento
chiometri sensa fermarve? Ma vialtri a si mati." afferma con
sicurezza un barcollante avventore del Bagpipe pub dove verso la
mezzanotte ci siamo fermati per l'ultimo caffè prima di inoltrarci
nella notte Veneto-Friulana. Certo, sta piovigginando, ma se la
normalità comporta il passare serate tutte uguali a imbottirsi di
birra, TV o struscio nelle vasche cittadine beh allora lasciateci la
nostra follia già elogiata dal buon Erasmo più di 500 anni fa...
Comunque anche questa stravagante
passione umana che ci porta a pedalare per centinaia di chilometri
con brevi soste ha le sue regole e i suoi traguardi: quello più noto
si dipana ogni quattro anni da Parigi a Brest e ritorno e
rappresenta la seconda gara ciclistica più antica della storia, Si
narra che all'arrivo della prima edizione nel 1891 ci fossero 10mila
persone ad attendere i ciclisti a Parigi...e giustamente Mike Hall,
organizzatore della Londra-Istambul nonchè circumnavigatore del
mondo senza supporto in 91 giorni, rivendica oggi la purezza del
ciclismo proprio nelle lunghe distanze.
Personalmente però credo che questa
della Parigi-Brest sia solo una scusa perchè la vera soddisfazione è
il raggiungimento di un obiettivo arduo ma possibile che rende tanto
simile questa passione all'alpinismo. Anche le nostre bre-vette hanno
dislivelli e lunghezze, prati, rocce, freddo e caldo, asfalto, notti
e temporali. Ma alla fine si torna a casa, se tutto è andato bene,
soddisfatti, magari col sedere in fiamme ma con l'impressione di
essere ancora capaci di vivere un sogno estraneo a questa vita
monotona e banale, dove la fatica viene vista come il male assoluto.
Sono piccole imprese nelle quale si conoscono altre anime erranti
come noi, magari con altre motivazioni e velocità, ma affratellati
da questo sforzo che cementa amicizie come solo i sogni comuni
riescono a fare. Inoltre si scoprono angoli dimenticati ma splendidi
dell'Italia minore che il tipico andare lento della bici permette di
assaporare tra sapori antichi e magari vecchie osterie. Avventure
vissute con spirito giovanile talvolta goliardico e che nella vita
quotidiana e standardizzata non ci permetteremmo mai...per qualche
ora ci togliamo la maschera dell'artigiano, dell'impiegata o del
professore per tornare randonneur alla ricerca del tutto e del
niente.
Sappiamo bene poi che non tutto scorre
in modo così corretto, che oltre alle profonde amicizie nascono
anche antipatie e che anche qui esistono persone che sfruttano questa
passione per fini volgarmente economici ma il randonneur è
generalmente uomo di mondo e sa a quali debolezze ci costringe
talvolta la miseria della situazione umana....così è la vita.
In ogni caso per poter sfidare la sorte
parigina con altre migliaia di ciclisti provenienti da tutto il mondo
bisogna aver percorso da gennaio un "aperitivo" di quattro
brevetti da 200-300-400-600 km entro tempi prefissati, teoricamente
per selezionare i partecipanti ma, insinuano le malelingue,
soprattutto per riempire le casse degli organizzatori. Perchè, sì,
l'iscrizione costa oltre 100€ ma durante "l'olimpiade dei
randonneur" l'organizzazione poi trova stratagemmi per mungere
ancor più abbondantemente i partecipanti che devono scucire svariati
euri per ogni bisogno dall'acqua alla branda passando per la doccia o
un misero panino.
300: Reggio Emilia
Questa serie di brevetti in sè e per
sè non è particolarmente ardua e sono 4 anni che la completo con
facilità ma quest'anno tutto mi si è complicato con la rottura
della spalla e conseguente operazione con placca e viti avvenuta a
metà di febbraio ovvero tre settimane prima del primo brevetto di
Reggio. Devo ammettere che questa scadenza mi ha ulteriormente
caricato e motivato nella riabilitazione tanto che il 19 aprile sono
già alle prese con la 300 sempre a Reggio Emilia. Non sono
assolutamente pronto per tale distanza visto che ho passato un mese e
mezzo di immobilità e solo dieci giorni in bici e sono abbastanza
preoccupato. Il chirurgo dopo l'operazione ha sentenziato, essendo
anche lui ciclista, "auto sì ma bici no" e poi..."io
non ti riattacco più" insomma parto veramente guardingo
ripromettendomi di andare piano, di non stare in gruppo e di fare i
tratti in sterrato scendendo dalla bici... tanto basta arrivare...
ma sono promesse da palombaro ciclista infatti dopo un'oretta mi
trovo addirittura in testa al gruppo a tirare a 35KMH cosa che
evidentemente pagherò nel finale. Comunque riesco ad arrivare coi
primi fino a Peschiera ma poi sugli strappetti dopo Desenzano non ce
la faccio a seguirli e vado del mio passo seppur apostrofato da un
rude compaesano bergamasco con un "ndoma barba...".
Personalmente ho sempre detestato gli
organizzatori che infilano pezzi di sterrato più o meno pericolosi e
magari nel finale dei brevetti quando si è più stanchi ed è un
attimo scivolare e farsi del male per niente: non usiamo bici e
copertoni adatti e non capisco proprio il senso di queste torture. Di
certo le strade asfaltate sul Lago di Garda non mancano e guardo con
commiserazione un paio di colleghi che hanno forato e devono
assistere malinconicamente al gruppetto che si allontana. La beffa è
che il "controllo" consiste nello scrivere ad un certo
punto il numero di un sentiero con l'ora del passaggio...cosa che
chiunque può facilmente taroccare. E'vero che oramai metà dei
controlli nei brevetti sono autogestiti però visti i rischi che
questo pezzo di strada comporta per la mia spalla destra, la
tentazione di tagliare ammetto ci sia stata. Bevo invece fino alla
fine l'amaro calice, incurante delle apparizioni olografiche del mio
chirurgo che sghignazza dicendo: se cadi tra ossa e ferri sai cosa si
rompe prima? Ma io poi non ti riattacco più..." Per fortuna la
zona eroica finisce e riesco a rientrare con molti sforzi proprio al
controllo-ristoro sibolicamente piazzato al mausoleo di Solferino.
Questa per me è una vera battaglia, confesso a qualche amico
raggiunto, ma già essere qui per me è una vittoria. Pedalo ergo
sum. Riparto con un certo affanno visto che le forze iniziano a
mancare e appena la strada sale non ce la faccio più...non ho forza
e mi arrendo all'evidenza di dover trebbiare il rientro di 100km
padani in solitudine. Naturalmente si alza un vento antipatico che
spira, ma và?, proprio in faccia. Lo so che è sempre così ma ogni
volta mi ritrovo a meditare sulle correlazioni tra la legge di Murphy
e quella di Eolo. In più il panorama è proprio monotono, piatto
piattume padano, dove svetta come un colpo di fulmine la vista della
quattrocentesca corte Castiglioni di Casatico con la pittoresca
Osteria due platani, un posto fuori dal tempo.
E' quasi superfluo
annotare che la tracciatura GPS è qui totalmente annodata e quando
raggiungo l'inutile controllo "ristoro" di Guastalla a 50k
dall'arrivo mi dicono che d'ora in avanti dovrò seguire solo la
frecciatura sull'asfalto ma anch'essa prima Rggio sparisce per alcuni
tratti però chissenefrega sono arrivato, sono vivo, ho finito il
primo tassello del poker per Parigi ma soprattutto non mi sono fatto
nulla alla facciaccia delle gufate dell'ectoplasma del chirurgo....
400: Lugo
Passano tre settimane ed eccomi a Lugo,
una delle mie rando preferite...mare e monti, Toscana e Romagna,
buona organizzazione ma anche altimetria di tutto rispetto con quei
4000mt di dislivello concentati nei 150k finali. Quando stavo bene
non mi sono mai preoccupato ma oggi la montagna è il mio tallone
d'Achille e so che soffrirò ma anche che la soddisfazione alla fine
sarà per questo ancora maggiore. Ritrovo Daniele, Alfredo e tutti i
simpatici organizzatori e partiamo per i soliti 100k verso Comacchio
con la tipica attraversata in battello all'olandese
ed i lunghi
tratti sull'Adriatico. Andatura come sempre inutilmente elevata non
mi impedisce di far conoscenza con un piemontese emigrato a Modena
che è stato uno dei pionieri del movimento rando in Italia. Mi
racconta di quanto sia cambiato lo spirito originale e di quanto ci
si stia sempre più granfondendo ma lancia anche un allarme sui
numeri dei partecipanti ai brevetti in Italia che sembrano in
aumento ma solo grazie ai brevettini da 100-200 km mentre sulle
lunghe distanze c'è un po' di calo. Certo la vita del randonneur è
dura e le trasferte sempre più costose e non stupisce che ogni anno
ci sia qualcuno che molla e non ci siano molti
rimpiazzi...naturalmente nell'anno della PBP questo si nota di meno
ma se un ciclista prova a partecipare ad una rando per sfuggire ai
rischi delle granfondo o ammaliato dal motto "piano ma lontano"
e poi si ritrova intruppato sui 38 all'ora beh non c'è da stupirsi
se la prossima volta ci pensi due volte.
Mi ritrovo a meditare a queste cose
mentre inizio ad arrancare sui primi strappi della salita verso il
passo del Carnaio...qui gli altri anni sputavo l'anima per stare con
i migliori ma quest'anno me ne frego, vivo alla giornata memore della
crisi dell'anno precedente sulla salita della Calla dove arrivo che
inizia a albeggiare. Mi vesto con tutto quello che ho visto che la
discesa nella foresta casentinese è notoriamente fredda però con un
po' di luce posso apprezzare la bellezza di questi luoghi e convengo
con la decisione degli organizzatori per modificare il giro l'anno
prossimo permettendo ai ciclisti di assaporare le bellezze
naturalistiche di queste zone. Poi scendo fino a Papiano dove in
gioventù vissi un'intensa esperienza pastorale (non in senso
religioso ma reale:capre e pecore) e salgo alla Croce dei Mori da
dove parte la più bella discesa del mondo. Qualcuno certamente non
condividerà questa mia enfasi. Infatti a metà discesa una sinistra
ambulanza si para in mezzo alla strada e mi diranno poi che uno dei
nostri è caduto malamente dopo aver investito un tasso. Questo mi fa
riflettere molto. Non so quanti tassi vivi abbiate visto voi, io e
tutte le persone che ho interpellato nessuno. Quante probabilità ci
saranno che un animale così raro decida di attraversare la strada ,
tra l'altro in mezzo alle case, proprio nel momento nel quale
scendete voi alle 4 di mattino? Questo conferma che se la fortuna è
cieca invece la sfiga ci vede benissimo...per fortuna l'amico la
prende bene e malgrado la rottura del gomito e altro, scherza così
giorni dopo sul forum: "Beh ho visto un tasso in discesa e l'ho
preso al volo..." e sì che era la sua prima notte randagia,
certamente indimenticabile...
Ma torniamo a Lugo dove sono frattanto
arrivato all'ultima asperità del giro ovvero il breve ma intenso
strappo del Beccuggiano, solo4km ma tutti sul 10-14% che dopo 350k si
fanno sentire. In più a quel punto la rando si inserisce nella
granfondo del Giro di Romagna . Come tutto nella vita questo comporta
aspetti positivi e altri negativi: nel pro c'è un ristoro degno di
un matrimonio nel contro l'umiliante confronto con i pimpanti
granfondisti...vi sono stati anni nei quali ho anche provato a
seguirli in discesa fino a Faenza e oltre ma gli anni e gli acciacchi
mi ha insegnato la calma e la moderazione...è proprio vero quello
che diceva un proverbio tibetano: Quello che non insegna la saggezza
lo insegna la malattia.
200:Desenzano
L'ARI
(Audax Randonneur Italia) ovvero l'organizzazione che coordina i
brevetti e quanto vi ruota attorno, sta facendo dei passi da gigante.
Diciamo che il movimento italiano è abbastanza giovane, una
quindicina d'anni, e all'inizio tutto è vissuto in modo pioneristico
così come i primi spartani brevetti: autosufficienza alimentare e
logistica, controlli autogestiti ...insomma poco stress. Solo la
scadenza quadriennale della PBP imponeva un minimo di struttura
organizzativa. Poi i numeri sia dei partecipanti che dei brevetti
sono aumentati ed è sorta la necessità di un organismo che
coordinasse il tutto. Adesso c'è la Randocard, ci si iscrive online
pagando con Paypal e scaricando la liberatoria già compilata. Però
siamo in Italia e si sa che la voglia di sottostare alle regole qui è
molto relativa e c'è sempre qualcuno che vuole fare di testa
propria.
Comunque
sul sito ARI c'è il suo bel calendario nazionale dei brevetti dal
quale ognuno può comodamente scegliere i brevetti più vicini a casa
o più interessanti. Mancandomi il 200 e non volendomi spostare
troppo da Carpi avevo puntato sul giro del Garda del 16 maggio. Ero
ignaro che la rando fosse inserita nel Colnago Festival e soprattutto
delle tristi conseguenze che ciò comportava.
In
questi anni ho fatto brevetti di ogni tipo: da quelli
organizzatissimi tipo Londra-Edimburgo-Londra a quelli più spartani
come il Tour di Ungheria. Brevetti molto belli come quelli intorno a
Milano oppure organizzati dai classici quattro appassionati come
Castelfranco o Bologna o in Toscana. Qui si muoveva nientemeno che la
Colnago, mi illudevo, e chissà che sballo. Mai apparenza fu più
falsa. Gli è che Colnago organizza questo Cycling Festival che
culmina con la consueta granfondo ma deve trovare qualcosa da far
fare ai ciclo-arrapati, spesso stranieri, anche negli altri giorni.
Potrebbero organizzare sulla spiaggia gare di biglie in plastica con
i nomi dei vecchi campioni invece da un paio d'anni hanno avuto la
pensata di inserire una rando che in verità funge da aperitivo per
la gara dell'indomani: inutile dire che i due avvenimenti sono in
antitesi come una degustazione di Champagne durante il Ramadam.
Già
l'iscrizione suona strana: non è possibibile farla dal sito ARI ma
direttamente da quello della SDAM una delle società più accreditate
per il cronometraggio di granfondo o maratone, poi il prezzo di 30€
è sproporzionato. Per intenderci l'anno scorso alla 1400 ungherese
per 35€ ci hanno dato una maglia da ciclismo personalizzata col tuo
cognome stampato, la medaglia e il diploma, due dormitori e qualcosa
da mangiare lungo la strada. Non c'è paragone visto il servizio
offerto da Colnago. Alla partenza sul lungolago di Desenzano c'è
addirittura lo speaker però poco dopo si sono dimenticati di
togliere le transenne e dopo 200mt si rischia il volo collettivo.
L'unico lato positivo è che incontro il buon Paride Miglio con il
quale non avevo più avuto modo di parlare dopo la RAAM. Si è
infatti concesso un periodo di riposo ma parla dell'esperienza USA in
termini estatici. Il paese degli estremi lo ha veramente colpito con
i suoi rettilinei da 700km in mezzo al deserto e le fermate al
passaggio a livello da 45 minuti per un treno merci. Mi racconta
dell'importanza in queste gare del team, 10 persone, e del
corrispondente esborso economico ma si dice pronto a ritentare tra un
paio di anni. Lo ammiro molto anche se all'inizio delle gallerie si
gira e torna a casa lasciandomi solo col solito ventaccio contrario
all'altezza di Torbole. Naturalmente gli arrapao sono partiti forte,
dopo pochi km eravamo già sui 40all'ora, ed hanno proseguito così.
Ne vedo alcuni al controllo-ristoro di Limone dove arriviamo ai 34
abbondanti di media e veramente del randonneur questi non hanno
nulla. Il ristoro è veramente scarso ma mi godo lo splendido
panorama del Garda prima di Riva tra una galleria e l'altra.
La
calda salita di Brentonico viene illuminata ai primi tornanti dalla
poetica scritta nuziale " OGGI BALDORIA- DOMANI FINISCE-LA SPOSA
COMANDA- E L'UOMO OBBEDISCE" piccola gemma di saggezza popolare
trentina ma anche universale a pensarci bene.
Poi si
scende verso la ciclabile dell'Adige dove trovo il secondo misero
ristoro, qualche pezzo di banana, una crostata e pedalare.
Si segue
la ciclabile quasi fino a Verona ma si prosegue fino a Valeggio e da
lì si risale verso Desenzano. Mentre pedalo in quella zona vengo
fermato da cinque partecipanti al brevetto di Rovigo, che ho già
incrociato varie volte visto che continuano a perdersi dato che non
hanno nè esperienza nè GPS. Seguono un po' la frecciatura e un po'
il roadbook ma adesso sono fermi presso un contadino visto che il
roadbook di uno di loro indica che dovrebbe esserci un controllo da
quelle parti.
Gli dimostro invece che nell'ultima versione il
controllo è scomparso, facciamo un selfie col simpatico contadino e
me li tiro dietro fino all'arrivo. E' la loro prima rando e temo sia
anche l'ultima visto quello che hanno trovato per strada. All'arrivo
poi ci arrabbiamo ancora di più visto che il promesso pasta party è
stato cancellato...rispetto ai precedenti miseri ristori c'è qualche
fetta di ananas in più e basta. Le due ragazze addette al controllo
ne capiscono di randonnee come io di alta moda ...basta vedere come
compilano il tesserino giallo che il grande Lorenzo Borrelli
definisce sacro ma che per loro, evidentemente, vale come un
biglietto del treno usato. Credo non sappiano neppure cosa sia la
Parigi Brest. D'altronde anche ai piani alti della Colnago ho
l'impressione che non abbiano molto le idee chiare visto che mentre
scrivo, e sono già passate quasi tre settimane, la lista degli
omologati non è ancora apparsa sul sito ARI ergo non ho il numero di
omolologazione ergo corro il rischio, ma non voglio neppure pensarci,
di dovermi sciroppare un'altra cammellata per avere l'omologazione
richiesta... sono proprio dei s pro vveduti,e uso un eufemismo,
questi Colnago...
600 : Piavon
Non si
può certo accusare l'ARI di non aver dato la possibilità a tutti di
brevettarsi. quest'anno.almeno al nord anche per la 600 c'erano molte
possibilità ed io sia per questioni di tracciato ma anche di date ho
optato per la versione veneta. Quella di Castelfranco l'ho già fatta
due volte e comunque passa in zone nelle quali pedalo ogni giorno, mi
intrigava quella in Toscana abbinata con le terme che sono una mia
grande passione ma il percorso era duretto e l'acqua calda d'estate
non è proprio il massimo. Andrebbe detta poi qualcosa sulla moda di
fare la rando ad anelli: la 600 di Nerviano ne prevedeva 3 da 200km
l'uno e ritorno ogni volta dal Via! come al Monopoli. Questo
sicuramente è comodo ma snatura ulteriormente la natura della rando
accelerando l'approccio granfondistico....
Ma
torniamo a Piavon dove il consueto , e comodo, spazio ai campi
sportivi è stato sostituito causa elezioni con i locali parrocchiali
mentre il ritrovo è fuori da un bar dove il buon Giuseppe cerca, con
l'aiuto di qualche parente precettato per l'occasione, di gestire la
burocrazia delle iscrizioni. Con scarsi risultati purtroppo. Qui
siamo passati dalla grandeur strafottente della multinazionale della
bici alla totale autogestione di un purosangue anzi di un randosauro.
E' inutile dire che Giuseppe batte Colnago 3 a 0 ma certo non ci
sarebbero stati male un paio di punti di controllo con ristoro a
metà degli spezzoni da 300km nei quali è diviso il brevetto. A
proposito di ristori il buon Giuseppe da vero self made-man prepara
anche i cibi e durante una 300 nell'anno passato ho avuto modo di
dissertare con lui a 1000 mt sulle implicazioni della dieta
vegetariana. Certo non vivo più situazioni critiche come quando
andavo 30 anni fa nei ristoranti yugoslavi o in pakistan dove il
pane o le patate erano l'unico alimento possibile però è dura
quando arrivi ad un ristoro dopo 150km e trovi solo panini al
prosciutto. In ogni caso avevo preavvisato il buon Giuseppe che se se
non disturbava troppo avrei gradito qualcosa veg...immaginate la mia
delusione quando arrivo su questo passo alpino e trovo il mio riso
pieno di tonno. "Mi sono informato- sostiene Giuseppe- e i
vegetariani non mangiano carne ma il pesce sì..."Gli faccio
notare che dopo 30 anni ed accurate ricerche posso confermare che il
tonno e la trota sono animali come le pecore o i bradipi ed è stato
solo un barbatrucco ecclesiale quello di aver creato questa falsa
differenza ma poi lascio stare la surreale disputa, mi mangio due
crostate e amen. Questa volta Giuseppe non si sbaglia ed al ristoro
notturno trovo un'ottima pasta alla verdure che mi centellino
pensando di poterla finire il giorno dopo all'arrivo...purtroppo
partecipa al brevetto anche l'ex campionessa di scherma Dorina
Vaccaroni che da qualche anno partecipa alle granfondo e, immagino,
quest'anno voglia partecipare alla PBP. Il fatto è che anche la
Dorina è vegetariana perciò si spazzola all'arrivo la mia razione K
e pace. La solidarietà ciclo-veg mi aiuta a superare il brutto
colpo....
Ma
torniamo sulle strade venete dove si snoda la lunga fila , siamo una
settantina, di temerari. Dopo un'oretta abbastanza blanda i soliti
esagitati iniziano a tirare sui 35/38 finchè Mariano e soci non si
piazzano davanti mantenendo una velocità regolare fino all'inizio
dell'unica lunga salita della giornata ovvero la Cima di Campo.
Naturalmente
in vetta pioviggina ma non fa freddo malgrado siamo quasi a 1500mt e
la discesa è molto bella, controllo autogestito a Castel Tesino
(certo potevano anche avvisare che avremmo trovato addirittura un
bici-grill sulla strada principale invece che farci arrampicare in
paese alla ricerca di un bar) poi si scende fino in Valsugana e qui
si capisce cosa intendeva l'organizzatore quando nel briefing di
partenza parlava di "frecciatura a macchia di leopardo".
Insomma la traccia GPS è stata fatta qualche mese fa poi sono
passati e hanno frecciato un po' a sentimento ed il risultato è,
come potete immaginare, un gran casino. Per intenderci io che seguo
di solito in modo religioso la traccia GPS mi trovavo spesso a bivi
nei quali le indicazioni sono diverse: arrivando in Valsugana decido
di seguire le frecce che però all'incrocio successivo
"leopardescamente" non ci sono più e io mi ritrovo a
smoccolare cercando di capire a naso la direzione giusta. A Borgo di
Valsugana
si imbocca la bella ciclabile verso Bassano e mi accorgo
che siamo in Trentino e lì le ciclabili sono abbastanza belle. Nel
frattempo si crea, come spesso accade nelle lunghe discese, un
gruppetto composto dai cinque di Portogruaro più Salvatore di Milano
e lo sloveno Eugen. Il gruppo di Portogruaro si ferma ad un bar e
restiamo soli al ponte "sacro" di Bassano.
Con
Salvatore ,che ho già conosciuto alla LEL ed è davvero un
randonneur esperto, gli argomenti non mancano invece lo sloveno è
più taciturno e decisamente poco in palla, lo rivedremo grondante ai
300 prima del ritiro. Raggiungiamo invece Antonio, del giro di
Mariano, e con lui arriviamo fino al controllo: il problema è che la
ghiotta scritta di questa gelateria ci fa fare una breve sosta che
sarà fatale: arrivati a 5km da Piavon veniamo investiti dal classico
temporale estivo che ci inzuppa come delle alghe e arrivati al
controllo veniamo irrisi dal gruppo che ci aveva superato mentre ci
godevamo il gelato e che era riuscito ad arrivare senza prendere
acqua. Ah le fatali tentazioni...fatte, come diceva Oscar
Wilde"perchè vi si possa cedere..."
Dopo la
gustosa pasta, di cui ho già tessuto le lodi, mi cambio e nel
frattempo il temporale si è un po' allontanato...nessuno nutre molte
speranze per la notte visto che il giro di boa degli ultimi 300 è
posto a Gemona , sopra Udine, zona tristemente nota come il
pisciatoio d'Europa. Comunque ripartiamo con la banda di Mariano, con
i quali avevo già pedalato in Ungheria, e con loro vivo l'esilarante
discussione fuori dal pub citata all'inizio. Il tempo sembra poi
virare miracolosamente al bello mentre la tracciatura del percorso
resta un mistero buffo. Giuseppe, cui piacciono molto molto gli
sterrati (mortacci sua...) ci aveva preavvisato di evitare quello di
San Vito, cosa che noi facciamo, poi però la traccia ci conduce
inesorabilmente verso un fangoso tratturo di campagna, reso ancora
più scivoloso dalla fresca piovuta. Uno di noi cade e le bestemmie
si sprecano...ho già espresso le mie considerazioni sopra ma pensate
alla mia impressione quando all'arrivo Giuseppe casca dalle nuvole e
capiamo che questo carradone in mezzo ai campi è un ennesimo errore
di tracciatura di openrunner. Dopo Gemona vedo che la Banda Simionato
è rimasta da troppo tempo senza locali pubblici dai quali attingere
caffè, grappini e altro e conoscendoli so che questo li mette in
crisi e che sono un po' come la Cucaracha della nota canzone, anche
se per altri motivi" che "non puede caminàr ". Tutto
a un tratto mi giro e non c'è più nessuno ma ci conosciamo e quindi
vado avanti da solo. Passo il curioso murales sulla salita di Bordano
dove si allenava Bottecchia ed hanno ricordato tutti i grandi del
ciclismo. Mi smazzo quindi gli ultimi 100km da solo dopo aver notato,
con raccapriccio, quanto brutta e devastante per l'ambiente sia
l'autostrada per Tarvisio e quanto sia bella invece la discesa sulla
Valdobbiadene letteralmente pullulante di ciclisti. Ripasso poi a
Vittorio Veneto e scopro la bellezza, passato dopo il geniale lago di
Lago, giuro si chiama così, di castel Brando dove conto di tornate
con la sposa appena posso.
Gli
ultimi "veloci" 50km non sono per niente tali visto che
spira un forte vento contrario, non so se sia "borìn" ma
decisamente è una rottura di maroni. Comunque è fatta, torno alla
partenza in solitaria dopo poco meno di 30 ore, tempo non esaltante
ma va bene così, sono felice di aver completato il poker, di aver
visto bei posti e aver conosciuto o rivisto altri "matti"
con i quali, ed è un privilegio raro, non c'è bisogno di trovare
scuse o spiegazioni a questa lucida follia ciclistica.
Alè
compagnons, Paris nous attend...