domenica 6 settembre 2015

La porta - Proemio

When one door is closed, don't you know another is open?

Lo sai che quando si chiude una porta un'altra si apre? cantava anni fa Bob Marley. Un modo come un altro per ricordare che nella vita non esistono un inizio o una fine ma solo trasformazioni. In un certo senso anche i limiti apparentemente assoluti della nascita e della morte non sono altro che passaggi tra vari stati dell'esistenza....l'ho presa un po' larga, me ne rendo conto, ma questo ultimo viaggio in terrra francese ha rappresentato per me un cambio importante ed il definitivo passaggio dalla passione delle randonnèe a quella cicloturistica.
E' vero che l'aggettivo "ultimo" andrebbe usato con parsimonia soprattutto se riferito alla nostra vita...quante volte sentiamo dire "questa è l'ultima sigaretta" oppure "è l'ultima volta che ci vediamo" per scoprire poi dopo mesi o anni che tutto è rimasto come prima?
Ciò che è certo è che ho completato la storica Paris-Brest-Paris ma ho raggiunto la partenza, come sempre, pedalando da Carpi a Parigi con borse & bagagli. Avventure, paesaggi e incontri vari si sono susseguiti in queste due settimane che vi vado ora a raccontare se avrete la pazienza e la curiosità di seguire le due sezioni successive che dall'anno prossimo potrebbero/dovrebbero unificarsi...

Il giusto mezzo - da Carpi a Parigi

Ah sì, quest'anno me la voglio prendere comoda, Parigi in fin dei conti dista poco più di 1000km e la posso anche raggiungere comodamente in sei giorni...certo ci sono le Alpi di mezzo e la Francia è tutta un su e giù poi se inizia a piovere e tirare vento.. ma se uno inizia a vederla nera è meglio che non salga neppure in bici, perdio siamo uomini o caporali? Piuttosto mi affido alla cabala scegliendo come data di partenza l'8/8, memore del fatto che i cinesi avessero iniziato in quel giorno le olimpiadi appunto per ragioni scaramantiche, ed anche per concedermi un adeguato tempo per essere pronto alle 16 del 16 (notare la relazione numerica...) al Vélodrome National di St Quentin en Yvelines per la partenza della Paris-Brest-Paris. Il fatto che tutto sia andato bene, che io non abbia mai forato nè sia caduto conferma l'importanza simbolica dei numeri anche se pericoli e avventure non son comunque mancati.
Altra mossa vincente è stata quella di puntare quest'anno, nella scelta delle destinazioni su Warmshowers, sulle donne. Non per i banali motivi che ogni presunto o reale "tombeur de femmes" italico potrebbe immaginare ma per l'esperienza accumulata negli anni. Noi maschietti abbiamo molte qualità ma per quel che riguarda l'ospitalità, l'ordine ed il cibo non ce la possiamo fare. I single hanno generalmente altre priorità così ho scelto destinazioni, tranne una di cui parlerò in seguito, dove non mancasse la presenza femminile anche se accompagnata e con prole.
Per quanto riguarda la mia dolce metà invece decido di partirmene di buon'ora senza particolari addii ai quali sono particolarmente allergico. Memore dell'esperienza di Orfeo o di Lot non voglio neppure per un attimo fermarmi a guardare ciò che lascio anche e soprattutto perchè la pianura padana è ammorbata da una calura soffocante e cerco, partendomene presto, di pedalare il più possibile al fresco. E la mia amata e mio figlio Angelo non sono esattamente amanti dei risvegli antelucani.
Per decidere a che ora piazzare la sveglia avevo peraltro compiuto accurati studi sulle varie tipologie di alba civile, nautica o astronomica coll'ovvio risultato che quando sono pronto per partire è ancora buio e devo riaprire tutte le borse per trovare la micro luce a forma di ranocchia che avevo seppellito chissà dove.
Così pedalo nell'alba silente di un sabato agostano tra pensieri e ultimi dubbi sulle masserizie caricate nelle borse, quelle affidate al buon Raffaele che me le porterà in auto a Parigi e quelle lasciate a casa perchè giudicate inutili...e se il coltellino svizzero o la giacca a vento pesante o le creme contro le emorroidi fossero davvero utili? Più pedalo e mi allontano da casa e meno solide sembrano le ragioni che mi potrebbero far ritornare a casa...in fin dei conti ho il casco, le scarpe, le borracce, il cellulare, la carta d'identità e la carta di credito....la voglia di pedalare e vivere nuove avventure non manca...tutto il resto sono sovrastrutture.
Nel frattempo sono arrivato al Po che attraverso senza neppure la cerimonia della "pisciata dal ponte" e vengo richiamato alla realtà prima di Cremona dalle solite mattane del mio navigatore. In verità la colpa non è neppure del mio fedele Garmin 705, che tra l'altro è caduto sul campo tre giorni prima della partenza orribilmente arrotato da una insensibile Ford fiesta tra Campagnola e Reggiolo. Per fortuna che l'amico Jim non lo usa e mi ha prestato il suo.
Dicevo comunque che il navigatore in verità è innocente visto che mostra solo la traccia preparata al computer col programma BikeRouteToaster, sempre quello che mi ha fatto entrare clandestinamente in Bosnia per intenderci. Quest'anno hanno rilasciato una nuova versione, così mi illudo che non succederanno più casini ed in effetti è così solo che qui e sulla Senna il "creativo", come l'ho soprannominato, mi fa scoprire strade dimenticate dall'umanità in generale e dai ciclisti in particolare. Nello specifico il creativo è riuscito seppur nella squadrata banalità delle strade padane a farmi percorre un bello sterrato in mezzo a campi di mais che dopo un'abbondante acquata si è trasformato in una palude, veramente comoda da attraversare con una bici da strada stracarica.

Comunque passo Cremona, questa volta ahimè senza torta di pere e cioccolato, e mi squaderno sulla provinciale per Pavia dove non sono mai stato ma mi ambiento subito. Caldo, rettilinei, camion e guidatori locali smanettanti mi fanno subito sentire a casa. Mi fermo al pit stop presso un Lidl visto che ho percorso più di 100km e le borracce, con questo caldo, iniziano ad essere vuote. Il simpatico negretto che presidia il parcheggio non osa neppure chiedermi un ramino...la mia lunga barba e l'atteggiamento stravolto dal caldo associati al fatto che disdegno il carrello gli fanno mancare le categorie essenziali per chiedermi qualsiasi forma di "Bakshish". Alla fine, mi sembra che lui pensi, "beh c'è anche qualcuno più sfigato di me..."
Attraverso Pavia che trovo molto bella e mi riprometto di visitare con più calma e arrivo al classico ponte di legno sul Ticino
 dove so, memore di una precedente randonnèe, esserci una provvidenziale fontanella...ci sono 37° ed in queste condizioni è necessario avere sempre le borracce piene e fermarsi almeno ogni ora a bagnarsi per abbassare la temperatura corporea...guardo con invidia i bagnanti che sguazzano nel fiume e sono veramente indeciso se unirmi a loro. Magari dopo, penso, ma è scritto che in questo tour non ci saranno bagni fluviali, lacustri o marini. Arrivo traverdi campi di riso a Lomello, dove abita Ausilia che sarà la mia prima ospite, e mi ritrovo in una vecchia corte contadina all'ombra di una chiesa in disarmo. Naturalmente lei è ancora al lavoro sprezzante del fatto che sia sabato 8 agosto ma mi spiegherà che per i commercialisti quella è una data critica ed è costretta a fare calienti straordinari. In compenso c'è il gentilissimo fratello che mi accompagna alla mia stanza impreziosita da un ottimo ventilatore nonchè da un frigorifero pieno di ogni ben di dio. Il fratello ha un passato da rocciatore esperto come dimostra l'elenco di vie di 5°/6° grado scalate nel Yosemite Park ma oggi si dedica all'azienda di famiglia. Ausilia invece è una star soprattutto negli States visto che è l'unica donna che ha percorso i 1800km dell'Iditarod in poco più di 16 giorni. Mi racconta con molta modestia della durezza della gara, spesso con temperature sui -40°, mentre ceniamo in un piacevole ristorante macrobiotico. Anche lei ha un passato da randonneuse ed in effetti aveva la PBP nei programmi poi cambiati visto che a settembre ha deciso di cimentarsi nel Tor de Geants forse la più dura corsa in montagna del mondo. Il bello è che Ausilia parla di queste cose con una calma e moderazione lontane dal fanatismo che spesso ammorba tali imprese segno di una grande forza di volontà ma anche di consapevolezza e senso della misura...un esempio da seguire.
IL DUOMO DI LOMELLO

La mattina dopo parto presto perchè mi attende la tappa più dura: oltre 200km con la salita del Moncenisio. Ho scelto questo passo dopo un lungo studio per svariate ragioni: è relativamente basso, graduale, non troppo trafficato, non costringe ad altre salite sul versante francese e mi permette di rivedere la zona delle manifestazioni No Tav alle quali ho partecipato anni fa. Purtroppo le previsioni meteo sono brutte e dopo un mese e mezzo di siccità, ovviamente..., sono previsti proprio oggi forti temporali sulle Alpi orientali. Attraverso con qualche difficoltà Torino e ovviamente vengo accolto a Susa da un primo intenso acquazzone. Mi riparo sotto il tetto di un benzinaio e mi vesto da pioggia, ma quando riparto in effetti il temporale è passato e spiovicchia però su in alto si sentono orribili tuoni ed è tutto nero. Inizio la salita ripassando verso la zona di Venaus dove passammo anni fa sotto la neve per una simbolica riconquista/liberazione della valle dai cantieri trivellanti. La sensazione è che la mobilitazione esista ancora ma abbia perso un po' di forza e questo mi pare naturale viste le tante battaglie, gli arresti e le polemiche di questi anni ma dall'altra parte non sembra che i lavori di trivellazione siano progrediti: si direbbe una situazione di stallo.Mi piace pensare che questa zona di montagna riesca davvero a dare filo da torcere alle multinazionali del dissesto ambientale.
 Intanto però la pioggia non molla e alcuni ciclisti scendono stravolti sconsigliandomi di salire. Chiaramente non li ascolto e continuo l'ascesa confidando in una finestra tra un temporale e l'altro. La cosa che temo di più sono i fulmini visto che il carbonio è un materiale che li attrae e non mi piacerebbe finire la carriera arrostito come un maialino anche se in Val di Susa. Con questi allegri pensieri inizio a vedere degli allettanti cartelli che indicano 5km al valico e mi gaso alla grande....cavolo pensavo fosse più dura...ovviamente è solo una illusione visto che la frontiera italo-francese è molto sotto la reale sommità del còl Cenis. Inizia a piovere più intensamente mentre salgo una serie di tornanti surmonati da svariati alberghi che, mi illudo stiano a segnare il passo vero proprio. Invece una volta raggiunti si staglia l'alta mole della diga del lago artificiale sopra la quale e dopo ulteriori tornanti passano piccole piccole le auto o i camper che mi hanno superato 10 minuti prima. AZZ! Non siamo abituati a queste salite così lunghe ed la pioggia non aiuta certamente ma non ci sono alternative, poi le illusioni sono sempre un pericolo psicologico. Incrocio un altro temerario ciclista salito dal più comodo versante francese e ammiro il lago artificiale mentre le nubi si alzano permettendomi di arrivare sullo splendido lago con un po' di sole..
certo c'è stata una bella escursione termica dal caldazzo di ieri alla pioggia dei 2000 e passa metri di oggi, almeno 30° di differenza. Quando però arrivo al vero colle devo fermarmi per fotografare queste tre istallazioni che rappresentano simbolicamente la storia del passo e fors'anche dell'umanità. Si vede prima il passaggio degli elefanti di Annibale,
 poi i cavalieri del Medioevo
 ed infine dei ciclisti moderni.
 Di colpo dimentico le imprecazioni rivolte ai tornanti ed alla pioggia del Moncenisio e mi sento fiero di appartenere alla Storia.
La discesa tra pinete su Lansleburg è fredda e umida ma breve così trovata la casa dei miei ospiti posso assaporare una fumante e meritata doccia bollente.
La famiglia che mi ospita è molto simpatica e sportiva: lui è il coordinatore turistico di tutta la valle tanto che oggi è impegnato nella chiusura di una grossa manifestazione di MTB mentre lei è di famiglia portoghese ma nativa di Grenoble...vivono qui a 1500 mt perchè la montagna è bella e non posso dargli torto. Sono comunque anche loro ciclisti tanto che hanno attraversato con la figlia di tre anni in chariot tutto il sud America.
La mattina seguente riparto sempre sotto la pioggia ma con la luce posso ammirare la bellezza di questa valle decisamente più organizzata e valorizzata, come direbbe un economista, del versante italiano. Non credo che questa valorizzazione e il rispetto ambientale possano viaggiare a braccetto ma certo esteticamente questi villaggi di montagna sono piacevoli e curati, come lo è in generale tutta la Francia.
Scendendo incontro prima Bramans dove questa statua
 ricorda l'esatto luogo da dove Annibale passò per il suo valico anche se altri storici scrivono che sia passato dal Monginevro e qualcuno insinua anche che tutta la storia degli elefanti sia una solenne panzana inventata dai romani per giustificare le sconfitte subite.
Quello che colpisce è vedere che i Francesi vedono la storia dal versante opposto al nostro e per loro Annibale è infin dei conti un eroe e non è il caso che Asterix sia considerato uno dei simboli nazionali, qui i Romani erano e rimangono degli invasori e basta....più avanti incontro i possenti forti dell’Esseillon 
costruiti dai Savoia tra il 1819 e il 1834 e finanziati con le indennità per i danni di guerra versati dalla Francia al Regno di Sardegna.
Per un ciclista però la zona più interessante deve ancora venire perchè attraverso la Maurienne definita con modestia "le plus grand domaine cyclable du monde"...certo vedere in pochi chilometri partire le strade per Col du Telegraphe, Galibier, Iseran, Madeleine, Croix de fer ecc. mi fa capire perchè in questo tratto si incrocino più Pinarello che Renault.
Personalmente sono felice perchè ha smesso di piovere e mi posso svestire anche perchè la ricomparsa del sole e la discesa alle basse quote fanno sì che la temperatura torni allegramente sopra ai 30°. Attraverso Chembery e mentre mi illudevo di aver superato la zona alpina vengo costretto, causa tunnel vietato alle bici, a salire verso la celebre abbazia di Hautecombe dove riposano tradizionalmente i Savoia. I regnanti onestamente non mi stanno proprio simpatici e dopo la breve ma arcigna salita non migliorano certo la mia passione per la casa regale italiana. La zona è comunque molto bella e mentre percorro una lunga vallata ricomincia a spiovigginare ma oramai sono in vista della pianura dell'Ain e concludo felicemente questa terza e lunga tappa, 235km con 1500m. di dislivello. Sono felice perchè ho percorso 650km in tre giorni valicando le Alpi...ho sopportato il gran caldo in pianura e la pioggia in montagna ma sono arrivato sano e salvo sotto a Bourg en Bresse a circa 500km da Parigi. La parte più dura del viaggio è andata ma guai a dire"è fatta" perchè generalmente questo comporta i guai maggiori come recita il proverbio "non dir gatto finchè non l'hai nel sacco".
Intanto mi godo la meritata doccia nella bella casa di Laetitia che è una studiosa di esperanto. Credevo che l'esperimento di questa lingua artificiale inventata sulla fine dell '800 da un poliglotta polacco, fosse abbastanza in crisi ma vengo a sapere che soprattutto in Cina o in Giappone è tutt'ora usata e insegnata in alcune scuole come gradino intermedio per lo studio delle lingue europee. E' interessante riflettere sull'idea di potere collegata alle lingue e di come l'uso universale dell'inglese sia in effetti l'esempio più chiaro della dominazione mondiale Anglo-americana. In questa prospettiva temo che l'esperanto non abbia molte speranze di uscire da un ambito culturale molto ristretto e d'elite visto che nessun paese vuole perdere la propria egemonia culturale simboleggiata appunto dalla lingua nazionale. Sarebbe invece un'ottima lingua da insegnare nelle scuole ai bambini ma la vedo molto dura...
La mattina successiva mentre, dopo una buona colazione, risalgo verso nord in direzione di Digione inizio a tirare le prime somme, seppur parziali, di questo viaggio. Mi sono rimaste impresse le storie così diverse ma tutte interessanti dei miei primi tre ospiti ed intanto considero che iniziare a pedalare avendo la meta a "solo" 155km ti permette di vivere la giornata con più calma. Ripenso poi alla concitata confusione che accompagna tutti i brevetti ed anche l'ansia da prestazione che inevitabilmente essi sottendono. Arrivo così alla "illuminazione dell'11 agosto" che in verità avevo già in mente da tempo: questa sarà l'ultima randonnèe alla quale parteciperò e dall'anno prossimo mi darò al cicloturismo...sarà il tempo a dire se questi propositi si avvereranno...mai dire mai...
Presso una bella chiesa goticheggiante preceduta da questa buffa scultura
 incontro un simpatico motociclista milanese amante della campagna francese: non pensavo ne esistessero ancora.
La giornata scorre senza problemi ,movimentata solo dal passaggio sulla Saone,
 dalla bizzarra architettura di questi campanili ritorti
 e dalla brutta periferia di Digione. Veramente anche la città costruita sulla senape è abbastanza modesta, ci sono tre belle chiese in centro ma una è un teatro
 l'altra un salotto
 e solo l'ultima una vera cattedrale. Il fatto è che la mia ospite serale arriva a casa alle 19 così passo il tempo cercando di combattere la calura sorseggiando della buona birra Pelforth e visitando qualche scorcio nella zona di collina dove abitano i Vipz...la mia ospite ha fortunatamente più l'aspetto di una no-global che di una fotomodella e parla un buon inglese visto che suo padre faceva il controllore di volo in giro per il mondo. Mi racconta che ha vissuto parecchi anni in Oceania dove conta di tornare delusa dall'insensibilità ambientale francese. Lavora infatti in un centro di educazione ambientale a 80km da Digione nello specifico su progetti di compostaggio. Adesso capisco perchè in cucina troneggia una compostiera maleodorante e ammantata da moscerini che sembra il fulcro dell'abitazione. Ad un certo punto dopo cena la ragazza inizia a emettere urletti di gioia alla presenza di un vermiciattolo strisciante sul catafalco compostante. Ripenso tra me e me alle considerazioni sull'attendibilità delle ospiti "fimmene " anche in considerazione del fattaccio che la doccia fosse fredda gelata causa guasto e che gli spaghetti li avessi dovuti cucinare io. Però la ragazza è carina e simpatica e le si perdona tutto... Purtroppo alla mattina deve prendere il pullman molto presto così mi ritrovo mentre albeggia a salire le bucoliche colline a nord di Digione. Tra queste colline nasce nientepopodimenochè la Senna che all'inizio, evidenemente, è un piccolo, pulito e pescoso fiumiciattolo
 dove mi accomodo a consumare il pranzo odierno, opera di una brillante boulangerie di Chatillon sur Seine. Mi sorge spontanea una comparazione tra la vita umana e quella dei fiumi: entambi nascono piccoli, docili e puliti per diventare sporchi e nervosi man man che diventano più grossi e adulti.
Le colline si fanno poi più dolci e si coprono di vitigni: scopro così dove sono alcune tra le vigne che producono lo Champagne e che non avevo trovato due anni fa intorno a Reims. Il paesaggio è sempre molto piacevole, le cantine invitanti ed il caldo mi portano all'altezza di Bar sur Seine, un nome che è già una garanzia, a deviare dalla strada maestra per farmi accomodare al Caveau de la tour per degustare una simpatica flute di champagne. Non ne bevevo da almeno vent'anni e devo dire che l'ho davvero gustato
 tanto che per un attimo vengo tentato, visto il caldo persistente, ad un velo-ammutinamento a favore di un tuffo nella Senna. Ma è scritto che questo non sia viaggio di bagni volanti così mi trovo presto a pedalare per le strade della bellissima Troyes. Saranno i postumi della flute o le case antiche che ricordano quelle di York comunque questa città mi piace molto.
 Mi accomodo presso una refrigerante fontana a consumare qualcosa quando vedo transitare una faccia nota: è Pietro un randonneur di Milano, conosciuto a Londra per la LEL, con tutta la famiglia. Guarda i casi della vita : magari abiti nello stesso quartiere di un amico e non lo incroci per anni, poi ti incontri casualmente per le strade della Francia proprio con un tuo compagno di ventura...non sarà l'unica volta e queste coincidenze qualcosa vorranno pure dirla... ci mettiamo d'accordo per una birretta serale poi parto alla ricerca della casa odierna piazzata proprio dietro all'antica chiesa di St. Remy. Purtroppo gli ospiti sono andati a far canoa su qualche fiume e sono in ritardo, per fortuna Pietro ha deciso con la moglie di visitare proprio questa chiesa così anticipiamo il giro di birra. Nel frattempo arrivano i canoisti ed entro in casa scoprendo che l'attesa non è stata inutile. La magione è veramente bella e la famiglia proprio simpatica, i due sono insegnanti e ciclisti perciò ci intendiamo al volo. A cena si discute di pedagogia e musica poi invitiamo a salire Pietro, che oggi compie gli anni, per un bicchierino insieme. La passeggiata serale tra cascate
 e illuminazioni artistiche conferma la bellezza di questa cittadina che consiglio a tutti di visitare.
La giornata successiva è sostanzialmente l'ultima visto che dovrei raggiungere Fontanebleau ormai alle porte di Parigi, era questa l'unica tappa nella quale avevo preferito l'ospitalità di un monsieur invece che di una simpatica professoressa di 27 anni. Ero stato incuriosito dalla location, Bois le Roi paesino adagiato sulla Senna nella quale l'ospite, appena rientrato da una bella pedalata in Bhutan, amava accogliere cavalieri provenienti appunto dalla foresta di Fontainbleau. Insomma non un personaggio qualsiasi. Prima di arrivarci però mi aspettavano un po' di anse della Senna, sì perchè la tappa odierna si svolgeva quasi interamente nei pressi del grande fiume parigino e il mio navigatore creativo vuole proprio farmela assaporare fino in fondo: ho già scritto che il suo miglior numero è riuscire a trovare, tra due punti A e B collegati da una comoda strada rettilinea, una variante C che passi tra sterrati o anche peggio come l'anno scorso quando mi fece entrare clandestinamente in Bosnia. Tutto ciò ovviamente avviene anche se escludo tassativamente strade sterrate, ciclabili e sentieri. Naturalmente il "creativo" mi illude facendomi imboccare una strada secondaria ma asfaltata che dopo qualche chilometro, ovvero quando non ho più voglia di tornare indietro, diventa sterrata e questo succede anche qui sulla Senna tra splendidi boschi. Il va sans dire che la strada è vietata al pubblico ma quando arriva ad una chiusa e termina brutalmente con una scalinata capisco di esserci cascato un'altra volta.
 Trascino bici e borse sul ponte e proseguo su uno sterrato pieno di buche che non userebbero neppure nell'Eroica. La strada è molto panoramica, è vero, ma alcuni nuvoloni in agguato mixati con la consueta mancanza di acqua potabile e cibo mi farebbero preferire una bella superstrada costellata da centri commerciali...è vero che non siamo mai contenti...dopo una decina di km rispunto nella civiltà dove assalto uno squallido Supermarchè con l'ennesima vasca di tabulè, l'unico cibo per vegetariani ovunque presente in Francia. Sul finale mi impegno in un testa a testa con alcune nuvolacce cariche di tempesta che si dirigono perpendicolarmente alla mia marcia. La beffa è dietro l'angolo: raggiungo effettivamente Bois le roi prima dell"orage" ma nei pochi minuti che impiego per trovare la casa vengo investito da una murata d'acqua che mi fa arrivare al campanello, di quelli originali con la corda, noblesse oblige, bagnato fradicio. Mi aprono tre anziane signore che mi fanno entrare e si presentano come madre e amiche del mio ospite che scopro essere un medico parigino quindi impegnato quindi non lo vedrò neppure. Le signore sono molto gentili e mi riscaldano con un buon tè poi mi accompagnano alla mia dèpendance. Questa è tutta a mia disposizione, c'è anche un vecchio biliardo e mi sembra di essere entrato in un film storico. Riesco anche a scroccare un piatto di spaghetti con la promessa di metterci il tocco dello chèf italiano manco fossi Bottura o Vissani. La cena con la mamma novantatreenne e l'amichetta di 85 si svolge in un'atmosfera surreale anche a causa del mio rudimentale francese che restringe ulteriormente il già limitato numero di argomenti. Riusciamo comunque a confrontarci sullo scottante problema dell'immigrazione e le signore si dimostrano molto attente e interessate: sono due distinte parigine e si aspettano con naturalezza che sia io a riempire i bicchieri versando il vino dalla caraffa. Se penso che solo poche ore prima il mio desco era stato un ponticello a fianco della strada
 mi rendo conto che l'arte della trasformazione e l'adattamento sono fondamentali in questi viaggi...e anche nel resto della vita.
La mattina dopo mi fiondo nella prima boulangerie che trovo dove mi rifilano un dolce di crema che mi implode in faccia impiastricciandomi comicamente il barbone.
sono ormai in periferia di Parigi quando squilla il telefono: è Salvatore il ciclista di Senigallia che si sta dirigendo con la sua Velomobile verso la partenza della PBP: 
c'eravamo sentiti prima della partenza e si era anche pensato di fare il viaggio insieme...adesso è fermo all'esterno di un negozio dal quale mi ha visto passare. Anche qui come nel caso di Pietro parlare di coincidenze, destino o fato è inutile. Se una cosa deve capitare, anche contro ogni probabilità, capiterà e non sempre, come vorrebbe la legge di Murphy, sono sfighe.
Così ci sediamo in un bar a conoscerci personalmente e a raccontare le reciproche avventure. Mi racconta dell'esperienza che lo ha portato all'acquisto di questo ciclo-siluro in Olanda dove pare che questi mezzi siano molto popolari. Difficilmente avremmo potuto viaggiare insieme perche questi razzi sono veloci in pianura, velocissimi in discesa e lenti in salita. Comunque è stato un piacere conoscerlo soprattutto in questo frangente inaspettato. 
Le sorprese sono lampi che squarciano il velo della noiosa consuetudine quotidiana.
Arrivo finalmente nella terra degli dei visto che il quartiere di Parigi dove verrò ospitato prima della PBP si chiama proprio Vauhallan. Mi spiegano che anche questa è una banlieue ma totalmente differente da quelle tristemente famose per i disordini che scoppiano periodicamente. Qui sembra di essere in Toscana, colline, verde, chiesina romanica, calma. Bel posto soprattutto se si considera che a 4km c'è la stazione di Massy dove passa il TGV per Lione-Torino...insomma sei a 20km dalla torre Eiffel ma vivi in campagna. I miei ospiti sono dinamici, ciclisti e simpatici. Anche qui mi mettono a disposizione la camera con bagno indipendente di una figlia e sto da re. Mi fanno una bella lavatrice e cenando con loro ci raccontiamo i reciproci veloviaggi. Nel frattempo ho disdetto l'appuntamento che avevo preso per questa sera con un amico francese e Alexej, organizzatore della trans Russia ovvero la più lunga randonnèe del mondo... un sogno di 10400 km in 40giorni per andare da Vladivostok a Odessa, in calendario nel giugno 2016 e cancellato definitivamente dopo l'illuminazione dell 11/8.
Sono felice, la prima parte del mio viaggio è andata tutta bene, sono andato da Carpi a Parigi percorrendo 1100 km in 6 giorni, vedendo bellissimi posti e conoscendo sempre persone interessanti. Ho preso una decisione importante ma intanto mi aspetta l'ultima randonnèe e non voglio sottovalutarla perchè l'esperienza insegna che l'eccessiva rilassatezza è una brutta compagna di viaggio...come insegna il Buddha bisogna trovare il giusto mezzo : Se la corda è troppo tesa si spezzerà, se troppo lenta non suonerà....







La croce- Paris Brest Paris 2015

Quando ho iniziato questa esperienza nelle randonnèe quattro anni fa mi posi istintivamente l'obiettivo della PBP 2015. La precedente edizione si era appena corsa e vedevo ancora ciclisti "sboroni" che giravano ostentando i numeri di gara col marchio dell'Audax Parisienne. Ne sapevo poco o niente ed ero capitato al mio primo brevetto, la 200 di Bologna, seguendo l'invito dell'amico Paolo Balestrazzi. Ce l'eravamo presa comoda incassando un vagone d'acqua salendo la Raticosa ed eravamo tornati a Bologna per ultimi, dopo di noi mancavano solo un paio di sventurati che si stavano difendendo dagli attacchi dei lupi sull'Appennino e per i quali gli organizzatori stavano preparando una spedizione con tanto di cani San Bernardo. Dopo quell'esperienza, che avrebbe dovuto saggiamente dissuadermi ed invece aveva avuto l'effetto contrario, mi iniziai ad informare seguendo i forum su BDC e leggendo i tragici racconti di Silvia Negri, in arte Micronauta , che era appunto riuscita a conquistare al terzo tentativo il brevetto da 90 ore nella Parigi Brest 2011.
Iniziai a farmi una piccola cultura anche se capivo che, come spesso accade, quello che era bianco per alcuni era nero per altri...insomma ogni considerazione andava filtrata e rapportata alla personalità di chi scriveva...la motivazione stessa dei brevetti era molto agonistica per qualcuno e assolutamente cicloturistica per altri. Insomma l'unico modo per capirci qualcosa, come spesso accade, era quella di provarci di persona.
Non sto qui a ripercorrere tutte le sensazioni, gli incontri e le dis-avventure di questi anni anche perchè sono in gran parte scritte nelle pagine precedenti di questo blog...fatto stà che ho completato in questi anniuna simbolica croce di brevetti over 1000 terminando la 1001 miglia (Sud)- Londra Edimburgo Londra (Nord)- Tour dell'Ungheria (Est) e appunto la Parigi Brest Parigi (Ovest). Adesso sono soddisfatto, la sfida iniziata quattro anni fa è vinta e come ho già spiegato nel racconto del viaggio verso Parigi ho deciso di dedicarmi d'ora in poi solo al cicloturismo. Non rinnego nulla dei brevetti che mi hanno insegnato come pedalare sulle lunghe distanze e mi hanno fatto conoscere tante persone e località fantastiche. Però sono fatto così e almeno nei passatempi, visto che già nella quotidianeità sono obbligato a ripetere le solite repliche lavorativo-relazionali, cerco di trovare nuovi obiettivi. Sembra che questa trasformazione granfondo-randonnèe-cicloturistica abbia una sua concatenazione fisiologica che mi ricorda i passaggi giovanili fra politica-droga e religione.
In ogni caso sono arrivato a Parigi in bici da Carpi in sei giorni come faccio oramai da anni prima dell'annuale brevetto over 1000 e mi trovo nel quartiere di Vauhallan. E' il 15 agosto e la mia partenza è prevista per le 16 dell'indomani, questo pomeriggio alle 18,30 devo presentarmi al Velodrome nationale per il controllo della bici e le altre burocrazie ma devo anche recuperare la mia borsa affidata agli amici Raffaele e William di Carpi che sono saliti fin qui in macchina. Comunque ho qualche ora libera che decido di passare simbolicamente al cimitero del Père Lachaise
 dove riposano tra gli altri Oscar Wilde, Frederic Chopin, Michel Petrucciani, Jim Morrison e Geoges Bizet...un luogo molto suggestivo dove non sono mai stato. Lascio la mia fida Giant , con qualche perplessità, legata nella stazione di Massy e mi avventuro nella metropolitana quasi stupito ormai di muovermi a piedi. Al rientro fortunatamente la bici c'è ancora perciò salgo su un vagone della RER dove è permesso viaggiare con la bici, per raggiungere Versailles da dove pedalo fino al Velodrome. Le strade sono ovviamente piene di randonneur di tutto il mondo e non c'è bisogno del navigatore per sapere quale sia la strada giusta. Quando arrivo alla partenza trovo gli amici carpigiani ad attendermi, decisamente sfatti dopo la notte in bianco e giustamente impazienti di raggiungere l'hotel per cercare, inutilmente, di recuperare il sonno perduto. Io mi metto in coda e tutta la trafila si svolge in modo rapido e composto, mi dicono che alla mattina c'era moolto più casino. Ritiro il mio numero che è A046 che significa che partirò col primo gruppo e che sono virtualmente accomunato in qualche modo a Valentino Rossi del quale, lo ammetto, ho cercato invano di acquistare un adesivo in un orribile negozio di motociclismo di Carpi...
Doctor o non doctor, e a Brest me ne ricorderò..., provo a contattare gli altri amici ma sono tutti o lontani dal Velodrome o cotti dal viaggio: scopro che sia Marco Peccatori che Lorenzo Borelli sono purtroppo rimasti in Italia e che Luigi Candeli  e gli altri modenesi sono distanti così ripiego armi e bagagli e rientro a casa anche perchè la scarpinata al cimitero è stata piuttosto lunga e devo recuperare le forze per domani. La sera prima dei grandi brevetti non è effettivamente il momento migliore per far bisboccia...
Passo la mattinata della domenica in una totale inazione degna di un post sbronza da matrimonio, preparo le borse e mi avvio con calma per la casa a Maurepas, altro quartiere periferico di Parigi dove sarò ospitato dopo la PBP, dove lascio già le mie borse da civile. Ritiro con calma il tagliando per il bag-drop dal buon Raffaele e mi presento alla partenza dove qualche centinaio di ciclisti e qualche migliaio di spettatori attendono l'ora fatale. Solo in quel momento, forse, mi rendo conto di cosa sta iniziando: c'è veramente un muro di folla e mi sembra onestamente tutto eccessivo. Per fortuna ci sono un paio di altri italiani con i quali passo gli ultimi minuti...
non li rivedrò più e si capisce che con 6000 iscritti, anche se i brevettati alla fine sembra siano stati poco più di 4500, è difficile rivedersi. La partenza è un delirio e immagino per un po' cosa possano provare gli atleti al Tour con la differenza che loro sono i più forti ciclisti del mondo mentre noi dei normalissimi pedalatori della domenica. Comunque qualcuno ci crede e l'andatura si fa subito sostenuta anche se temevo di peggio...certo le moto dell'organizzazione che ci precedono e fermano le macchine ai semafori o agli incroci limitano in un certo senso anche la velocità che resta sempre sotto ai 40kmh. Capisco subito che le strade francesi con tutti sti cazzo di spartitraffico sono veramente pericolose perdipiù nel gruppo a fianco di ciclisti abituati a queste situazioni ve ne sono altri che non segnalano nulla e zigzagano pericolosamente. I veri disastri però li troverò durante la prima notte dove si incrociano le peggio cose: gente senza luci o giubbotti rifrangenti, semafori rossi non se ne parla nemmeno di fermarsi, parecchi senza casco, peraltro non obbligatorio, con luci a intermittenza e vagolanti nel gruppo senza traiettorie fisse. Il tutto senza alcun controllo alla faccia del mito che mi sono sciroppato per anni "ah ma queste cose alla Parigi Brest non si possono fare, lì sì che ci sono i controlli"...certo mi rendo conto che controllare migliaia di ciclisti arrapati soprattutto in gruppo e di notte non sia facile ma almeno qualche persona in più me la sarei aspettata. In ogni caso tengo duro e resto con la testa del gruppo fino al km 120 quando su uno strappo veniamo raggiunti dai primi dell'ondata B partita 15 minuti dopo di noi evidentemente ancora più a manetta. A quel punto decido che ho pedalato fin troppo a lungo sopra le mie possibilità e mi accodo a qualche altro randagio meno scatenato. Al primo punto di ristoro di Mortagne mi fermo solo per riempire la borraccia e far fare acqua al merlo. Arrivo al primo controllo di Villaines dopo 220km in poco più di 7 ore ai 30kmh di media. Va bene così infatti la mia scelta di partire nel primo gruppo è dovuta anche al desiderio di evitare le lunghe code ai controlli o per mangiare che si formano soprattutto nei controlli centrali. La prima notte si pedala convenzionalmente senza dormire e calcolo di fare il primo pisolino a Brest a metà strada. Il meteo ci aiuta visto che sembra , ed in effetti sarà così, che non soffriremo nè la pioggia, nè il caldo nè il forte vento contrario. Alcuni che c'erano mi raccontano dell'edizione del 2007 quando piovve praticamente sempre ed infatti a Brest non c'era più posto sui treni che riportavano ciclisti semiassiderati a Parigi. Come previsto si continuano a formare gruppi più o meno numerosi e veloci e almeno per la prima notte non c'è problema a trovare compagnia pedalante.
Il percorso è il solito monotono saliscendi delle cotes francesi, io che pedalo qui da quasi una settimana ci sono abituato ma incontro alcuni italiani, alla loro prima esperienza, che non digeriscono questo terreno al quale generalmente non siamo abituati.
TIPICA CHIESA BRETONE

 Ai ristori l'organizzazione è abbastanza buona anche se in alcuni posti perdi molto tempo perchè il controllo è da una parte, il bar dall'altra, il ristorante e i bagni altrove. Mi rendo conto che gestire le ondate calde da 500 ciclisti in pochi minuti non sia semplice ma camminare a lungo con le scarpette non è semplicissimo ed infatti ad un certo punto inizierò a cavarmele anche per far muovere un po' la circolazione dei piedi ed in effetti finirò senza formicolii. Per noi vegetariani la vita è abbastanza dura vista la malsana abitudine locale a infilare ovunque poulet et jambon. Certo pasta o riso in bianco con qualche verdura si trovano sempre ma per le proteine devo affidarmi alle mie scorte di frutta secca. Arrivo comunque al primo bag-drop piazzato intorno al km 400 quando albeggia...i volontari milanesi coordinati da Mino Repossini che gestiscono questo pullmino pomposamente chiamato Casa Italia sono simpatici e caciaroni e ti fanno veramente sentire a casa. Io mi cambio, cambio le pile, imborso nuovo cibo e riparto con un ragazzo di Senigallia dove evidentemente risiedono parecchi randonneur. Come tutti dicevano la caratteristica principale di queste zone è che la notte e l'alba sono veramente fredde e umide ed il sole fino a dopo le 8 di mattina c'è ma non ti riscalda. Arrivo a Loudeac alle 10 e ormai pedalo da solo anche perchè la tirata delle prime ore inizia a farsi sentire e le ginocchia, già doloranti prima della partenza da Carpi, iniziano a farmi male se le carico troppo. Così vado del mio passo tra i pittoreschi paesini della Bretagna, tra i soliti su e giù della campagna dove però ogni tanto si incontrano salitelle più lunghe del solito. Fa anche moderatamente caldo ed è bene che ogni qualche km ci siano queste famigliole che vendono o regalano acqua, succhi, caffè e paste. Spesso nei paesini ci sono persone che applaudono e incitano col classico allez, allez oppure bon courage e soprattutto nei momenti di crisi sono veramente utili. Questa passione popolare è in definitiva la caratteristica più importante del brevetto...uno dei pochi posti dove invece che essere presi per casi clinici da rinchiudere nel primo manicomio disponibile si viene addirittura applauditi. Ovviamente non sempre e ovunque è così ma anche gli automobilisti sono generalmente comprensivi e si vede che ci pensano due volte prima di mandarti a quel paese come fanno di solito. Alle 14 sono a Carhaix e qui incontro un valdostano con in quale pedalerò varie ore. Intanto che stiamo ripartendo incrociamo l'uomo solo al comando della PBP : una specie di mastino tedesco che risponde al nome di Bjorn Lenhard che terminerà poi il brevetto a Parigi stabilendo il nuovo record di 42 ore e 26 minuti. Un altro mondo. Noi ripartiamo con più calma e veniamo raggiunti da un simpatico tedesco col quale inizio la salita all'antenna che rappresenta la cima Coppi del brevetto, è un lungo panettone tutto dritto che sarà simpatico da fare in discesa ma ora rompe proprio. Il tedesco mi racconta che nell'edizione precedente ha chiuso senza dormire in 53 ore ma che alla fine era così stanco che al ritorno a casa ha passato tre mesi a letto. Gli chiedo se ne è valsa la pena ma lui mi risponde implicitamente affermando che quest'anno la prende comoda senza badare al tempo. Ecco questa fissa del "fare il tempo" di stare sotto le 100 ore alla 1001 o sotto le 80 ore alla LEL o 60 alla PBP è davvero una tara competitiva molto pericolosa soprattutto per chi ci crede e compie sforzi esagerati per raggiungere quel traguardo. Il caso di questo simpatico Bavarese è emblematico ma più tardi incontrerò anche un italiano che aveva finito la PBP 2011 in 52 ore evidentemente a tali prezzi da fare partecipare anche lui alla presente edizione con lo spirito del "basta arrivare". Colgo l'occasione per segnalare un'altra anomalia: i "vincitori" dei grandi brevetti, per quel che ho visto io, sono sempre diversi. Ci si aspetterebbe una certa stabilità come avviene in tutti gli sport invece qui sembra che lo sforzo sia così prolungato e massacrante da farti desistere dal riprovarci....ma magari la felicità è così grande che uno viene appagato per sempre...
Intanto mi racconta di come sia cresciuto il movimento in Germania tanto da farla diventare la seconda nazione col maggior numero di iscritti alla PBP credo anche a causa della minore diffusione delle granfondo nella loro cultura ciclistica come avviene in Inghilterra o negli USA.
A dir la verità ci sono molti partecipanti, soprattutto francesi, che viaggiano col supporto di una macchina o camper quindi portandosi solo le borracce e gli attrezzi per cambiare la ruota...altro film da chi come me e la maggior parte degli italiani viaggia con 5-6-7 kg di borse.
Trovo poi un arzillo vecchietto francese che credo compia la propria buona azione quotidiana, anche se vietata, scortando per qualche chilometro i ciclisti in difficoltà sulle prime rampe.
In ogni caso raggiungo la vetta di questo panettone di 4/500mt di altezza sormontato da un'altissima antenna e pullulante di turisti o curiosi con camper e tende e tavolini che aspettano il nostro passaggio con la solita litania di bravò, allez, bon courage ecc.
L'attesa del famoso ponte di Brest, come tutte le attese del mondo, rallenta il tempo e ogni strappo risulta particolarmente rognoso soprattutto se ti sei convinto che "ormai sono arrivato" ...finalmente a un certo punto si arriva sull'oceano e compare il celebre ponte. Resto deluso perchè pensavo ci si passasse sopra e mi fermo per la tradizionale foto che un gentile bretone mi scatta quasi senza bisogno di chiederlo vista la consuetudine.
 E una bella serata e Brest deve essere una piacevole città ma quello che mi interessa ora è di godermi una buona mangiata e qualche ora di sonno visto che sto pedalando incessantemente da oltre 26 ore.
Sono in anticipo sulle mie previsioni e tutto sta andando bene ma l'esperienza mi insegna a non rilassarsi con prematuri entusiasmi: per tornare a Parigi mancano altri 600 km che sono nettamente più duri dei precedenti. 
Mi concedo il lusso di dare un'occhiata al telefono e di leggere qualche incitamento in arrivo dall'Italia, vedo che è molto carico come supporter il Covez che immagino si sia , soprattutto dopo aver visto in azione le Velomobile, immedesimato nel brevetto vista la sua esperienza all'EcoMatathon.
Intanto è arrivato il valdostano col quale mangio e poi decidiamo di concederci qualche ora di sonno nel dormitorio. Uscendo dal ristoro però noto qualcosa di strano: ho freddo ma noto che tutti sono in maglietta come me e non sembrano mostrare segni di assideramento. Mi straccio su una puzzolente branda da caserma ma dopo neanche due ore mi sveglio preoccupato dal roncare del socio della Vallèe ma soprattutto dalla mia fronte che scotta in modo inconfondibile...ho la febbre e diagnostico la causa nell'infiammazione delle ginocchia che, come scritto, mi fanno parecchio male. Leggo su internet che effettivamente queste infiammazioni possono anche portare alla febbre e mi vedo già mestamente seduto sul treno Brest-Parigi. Decido comunque di andare alla ricerca di un medico e mi avvio verso il controllo scortato da un tipo dell'organizzazione. La scena che mi aspetta è quella di 5o 6 ragazzotti con la divisa della Protection civile che evidentemente qui funge anche da pronto soccorso. Purtroppo mi avvisano che il medico c'è solo di giorno, saranno le 21, e io gli spiego i miei sintomi...tentano di provarmi la febbre con una macchinetta elettronica che non funziona perciò l'infermiere mi misura la temperatura con la mano come faceva mia nonna sentenziando che posso avere due o tre linee...in questa situazione surreale ricompare "the doctor" e qui mi aspetto tra i fumi febbrili di incontrare Valentino Rossi che mi consiglia di cambiare la marmitta....in verità le docteur alla domanda se sia ragionevole continuare in queste condizioni quasi si incazza e con spirito da legionario mi chiede se sono venuto fin qui a fare una passeggiata o per finire la PBP...mi rifila due aspirine invitandomi a levarmi dalle palle e di risalire sulla bici al più presto e lasciandomi tra le mani di una volontaria che tra le risatine degli amici mi massaggia le ginocchia dolenti...esco da questa visita abbastanza perplesso perciò telefono a mio fratello che è medico sportivo ma sostanzialmente concorda col collega francese prescrivendomi , come unica differenza, una bella bustina di Aulin....e poi pedalare.
Confortato da i pareri medici, dei quali generalmente diffido, ritorno sulla Giant e con il socio valdostano riprendo la strada per Parigi. In effetti dopo pochi km sto meglio, probabilmente l'aspirina fa effetto, e mi sento come Lazzaro. L'euforia potrebbe costarmi cara perchè in fondo ad una discesina, mentre siamo ancora a Brest, il socio inavvertitamente mi stringe su un cordolo di una rotonda, bassissimo ma insidioso tanto che basta da farmi scivolare la ruota anteriore...è un attimo perchè basta pochissimo per finire dolorosamente a terra...ho la netta percezione di aver avuto una grazia speciale e che le manone sante di Shiva, della Tara o della Madonna di Caravaggio mi abbiano sostenuto su quella rotonda velenosa evitandomi una caduta fatale. Proseguo lasciando copiose tracce organiche sull'asfalto e riproponendomi di stare molto più attento evitando distrazioni. Ritorniamo quindi sulla lunga ma pedalabile salita dell'antennona che ora che è notte si staglia come un'istallazione militare nella notte. Inizia a fare freddo e ci sorprendiamo molto nel vedere tanti ciclisti buttati a dormire nei fossi o sul ciglio della strada dove prenderanno un vagone di freddo quando sono in entrambi i sensi a pochi km. da Brest dove potrebbero o avrebbero potuto riposare al caldo. Valli a capì ma certo i colpi di sonno non perdonano.
In cima c'è un piacevole camper dove offrono tè, caffè, biscotti o succhi e discutiamo con i proprietari delle bontà e bellezze modenesi tra le quali spiccano Ferrari&Aceto Balsamico. Ci vestiamo il più possibile perchè la discesa sarà lunga e fredda, poi ci buttiamo per ritornare a Carhaix 12 ore dopo averla lasciata. E' questo probabilmente il tratto più duro della PBP e ricorda stranamente l'anello che si percorre alla LEL prima e dopo di Edimburgo. A questo punto ci sono veramente tantissimi ciclisti che stanno salendo e sono anche parecchio fastidiosi con tutte quelle luci che ti puntano negli occhi. Ne avevo parlato col Bavarese incolpando le ditte tedesche come la Lupine di produrre lampade fin troppo efficienti. Passiamo l'improbabile controllo a sorpresa prima di Saint Nicolas du Pelem e ci accodiamo ad un gruppetto di francesi in tiro da gara che giudicano invero disdicevole la nostra presenza da cafoni con tanto di borse e portabagagli. Sono a Loudeac alle 8 di mattina e faccio un po' di strada con un ragazzo del Molise che vorrebbe provare a stare sotto le 60 ore ma viene colto da spasmi intestinali, meglio noti come diarrea, che sono evidentemente pessimi compagni di viaggio. Pedalo un po' anche con Sandro di Milano, uno scafato randonneur già conosciuto durante alcuni brevetti in Italia, e che re-incontrerò più volte. Il ritorno alla postazione di casa Italia sancisce il superamento dei due terzi circa del percorso perciò mi premio con una bella doccia prima di indossare la divisa della nazionale che mi dovrebbe accompagnare fino a Parigi. Mi prendo l'Aulin consigliato e riparto in solitaria ma bello carico. Oramai la strada sembra vuota visto che non si incontrano più gli ultimi salitori, ormai senza speranza di rientrare a Parigi entro i tempi massimi ma che, mi spiegheranno poi, già partono con la sola destinazione di Brest avendo già in tasca il biglietto del treno per il ritorno. In verità si incrociano ciclisti , molti orientali, veramente improbabili, con bici pesanti e scalcagnate e ciabattoni da spiaggia. Sicuramente non sono i fighetti italiani sempre con equipaggiamento "top di gamma"....
Personalmente ho trovato una buona gamba, ho mangiato parecchio e passo un paio di controlli senza quasi fermarmi. 
Al controllo di Fougeres un giornalista mi chiede cosa ne penso della performance di Bjorn e del suo tempo record...se vuol sentirmi dire che è contro ntura andare così veloce, in effetti ufficialmente è arrivato sotto al tempo minimo perciò non sarà omologato, ha sbagliato persona perchè da quel che so la PBP è sempre stata una gara e se uno ne ha è giusto che arrivi primo. Se poi c'è un regolamento dovevano fermarlo prima...o i cancelli esistono solo per i ritardatari?
Durante la lunga tappa che porta a Villaines faccio coppia con un medico di Amburgo che parla un buon spagnolo visto che ha appena terminato un viaggio cicloturistico in sud America e che ha una buona gamba. E' pieno di escoriazioni visto che durante la prima notte è caduto in discesa distruggendo la ruota anteriore con tanto di dinamo e luce SON....però l'ha presa bene e ci da dentro come un fabbro. A pochi km dal controllo mi trovo senza energia fortunatamente troviamo una signora che vende ancore di salvataggio sotto forma di brioches, panini e cocacolazza che mi permettono di concludere la tappa. Il ritorno a Villanies significa che mancano "solo" 220 km a Parigi e festeggio la notizia con un'abbondante mangiata. Rivedo Sandro anche lui lupo solitario e mi preparo per l'ultima notte sotto i vigili occhi del pubblico. Questo posto è particolare perchè si lasciano le bici a pettine nella strada principale del paese, interamente chiusa per l'occasione. La mia impressione è che in queste cittadine di provincia, dove immagino accada in genere poco di nuovo, il passaggio di 6000 ciclisti provenienti da tutto il mondo rappresenti una festa unica e l'occasione per farsi trascinare nella follia che accompagna un brevetto così lungo. La differenza è che qui le persone sono assiepate dietro le transenne proprio a ridosso dei ciclisti e commentano ad alta voce non solo la nazionalità e l'aspetto dei cicisti ma anche le loro bici, i vestiti e finanche il contenuto delle borse. Con me sono particolarmente salaci anche a causa della lunga barba da profeta "Allez la barbe" e dopo aver visto nuvole di polver bianca uscire dalla mia borsa, in verità una innocua pastiglia di aminoacicidi che si è polverizzata, iniziano a fare battute su doping e altro. In verità questo è un problema serio e la mancanza di controlli anche in questo senso permette a chiunque voglia "barare" di farlo senza rischi. E si sa che per restare svegli 2 o 3 notti di fila i trucchetti chimici non mancano.
Comunque saluto i "bragheri" di Villaines e mi tuffo nell'ultima notte del brevetto e anche della mia carriera randagia. Anche qui il percorso frecciato è diverso, come già a Brest, da quello GPS ma incontro un francese che mi scorta per alcuni chilometri. Parliamo un po' del brevetto e del primo arrivato che secondo lui, dev'essere un purista, non dovrebbe lasciare traccia del proprio passaggio avendo infranto il sacro muro delle 43 ore e 56 minuti. In verità Le Parisièn ha già titolato "Infranto il record della PBP" e da anni in effetti i migliori scendono comunque sotto al tempo minimo e non per questo, come invece vorrebbe il francese, vengono depennati dal palmarès della corsa. E' tutta una finzione ipocrita perchè i francesi sono i primi a considerare contemporaneamente la PBP sia come gara sia come brevetto. Il tipo comunque è un abitante di Mortagne che però ha deciso di andare a dormire a casa e di proseguire per Parigi al risveglio. Non ha mai dormito e non si interessa, coerentemente, al "tempo" forse è solo troppo distinto per avventurarsi nei dormitori pubblici ma mi descrive queste colline e le foreste che le ricoprono con toni entusiastici. Io sono un po' meno entusiasta perchè ci sono parecchie salite e le ginocchia hanno ricominciato a far male ma tengo a botta fino al controllo di Mortagne dove arrivo verso mezzanotte. Per la prima volta ai ristori c'è della verdura cruda ma forse sarebbe stato meglio non ci fosse...chiedono 2 euri e 60 per un pomodoro affettato ed è un vero furto. Potrei continuare ma mi spiattello per terra per un'oretta di sonno che sarà provvidenziale. Oramai le 60 ore, ammesso che mi avessero mai interessato, sono irraggiungibili visto che dovrei arrivare a Parigi entro le 4. Già nel pomeriggio al medico di Amburgo che mi chiedeva "are you going fo the 60 hours?" avevo risposto con un laconico "I don't give a fuck". In effetti il mio tempo previsto prima della partenza era di 70/72 ore ed essendo abbondantemente sotto me la prendo comoda e dormo il sonno dei giusti.
Si riparte in discesa, è notte e fa freddo ma la meta è vicina. C'è una bella salita dopo qualche km e incrocio un tizio che pedala veramente duro, mi affianco per chiedergliene la ragione e scopro che ha lo scatto fisso. E' australiano ed è alla terza PBP ma mai era andato così veloce perchè ammette che lo scatto fisso ti obbliga ad andare forte. Vive a San Pietroburgo ma conosce bene l'Italia e parliamo un po' di tutto così non ci accorgiamo di aver sbagliato strada e dobbiamo tornare indietro per svariati Km. Il problema è che la strada di ritorno è frecciata molto peggio che l'andata e hanno probabilmente risparmiato sui cartelli...ancora qualche saliscendi e arrivo all'ultimo controllo a Dreux mentre albeggia. In mezzo allo sfattume generale vedo alcuni italiani che stanno ripartendo tra i quali riconosco Federico di Milano già conosciuto in Italia. Non fanno neppure accenno di aspettarmi perciò butto giù un'ultima brioche e li raggiungo visto che voglio evitare la crisi dell'alba in solitaria. In pochi minuti li raggiungo e mi metto a ruota poi incomincio a chiacchierare con Federico...non l'avessi mai fatto...il velo-italico che sta davanti si gira e ci intima di non parlare e di pensare a pedalare..potevamo parlare,bontà sua, a Parigi. All'inizio penso che stia scherzando poi capisco che fa sul serio e lo mando a quel paese...dopo un quarto d'ora il personaggio inizia a parlare animosamente anche lui, evidentemente dimentico della ramanzina appena fatta.
Ancora un paio di strappetti ed eccoci in periferia di Parigi tra bellissime foreste. Rientriamo verso il Velodrome da un parchetto nascosto che ci evita il traffico urbano. Anche qui persone che applaudono ma l'arrivo è un po' sottotono visto che invece del giro trionfale di pista ci aspetta il triste parcheggio.
ALL'ARRIVO CON FEDERICO "IL MARZIANO"
 Il buffet finale si rileva essere, soprattutto per un vegetariano, una beffa visto che è composto da un vassoio di pasta in bianco coll'immancabile poulèt e un muffin gommoso. L'unico regalo è una delle frecce segnalitiche che viene regalata ad ogni partecipante immagino per evitare che tutte quelle intorno al Velodrome vengano staccate come souvenir.
Neppure al bar c'è un panino senza carne ma chissenefrega, ho finito la Parigi Brest-Parigi in poco più di 65 ore ma soprattutto senza incidenti, forature o pioggia. Non mi posso lamentare e festeggio con svariate birre...Parlo un po' con vari italiani e tedeschi poi mi ricordo di essere stanco e mi trascino sulla bici verso Maurepas.
A casa incontro un americano reduce anche lui dalla PBP fatta in velomobile...è stato anche giudice della RAAM e gli argomenti non ci mancano. Il giorno dopo affido borse e bici agli amici carpigiani e rivivo l'emozione, visto che sono sulla strada, di rifare gli ultimi chilometri con alcuni compaesani sloveni...malgrado la pioggia c'è ancora più gente che incita e applaude...che spettacolo! Infine resto un bipede normale e visito l'interessante museo di quai Branly.
TOTEM PROVENIENTI DALL'OCEANIA

 Poi a sera ci vediamo con Pietro a Notre Dame per un giro di saluti e birre... anche lui è molto felice di aver concluso la PBP senza incidenti e con un tempo simile al mio.
Infine arriva il giorno del rientro, ritardato un incidente al radar del nosto aereo che è stato colpito da un grosso uccello sopra Barcellona.Non sapevo che John Holmes si fosse trasferito in Catalogna?
Finalmente rivedo San Luca e riabbraccio mia moglie, il viaggio è finito e così la mia piacevole avventura nel mondo delle randonnèe.
Alice se ne esce di scena tra i corridoi dell'aeroporto Marconi di Bologna canticchiando una vecchia canzone, in effetti una citazione dalla Ballata del carcere di Reading di Oscar Wilde, di Jeanne Moreau nell'ultimo film di Rainer Fassbinder "Querelle de Brest": Each man kills the thing he loves (Ogni uomo uccide ciò che ama...)


lunedì 8 giugno 2015

2-3-4-6 ...poker?

 Dove si parla di Reggio Emilia, di Lugo, di Desenzano e di Piavon, dei perchè della vita, di RAAM, di campionesse di scherma e di dis-organizzatori di randonnèe.

Nonostante questa sia follia, c’è ancora del metodo!
(W. Shakespeare, Amleto)

"Cosa sio drio fare? Siesento chiometri sensa fermarve? Ma vialtri a si mati." afferma con sicurezza un barcollante avventore del Bagpipe pub dove verso la mezzanotte ci siamo fermati per l'ultimo caffè prima di inoltrarci nella notte Veneto-Friulana. Certo, sta piovigginando, ma se la normalità comporta il passare serate tutte uguali a imbottirsi di birra, TV o struscio nelle vasche cittadine beh allora lasciateci la nostra follia già elogiata dal buon Erasmo più di 500 anni fa...
Comunque anche questa stravagante passione umana che ci porta a pedalare per centinaia di chilometri con brevi soste ha le sue regole e i suoi traguardi: quello più noto si dipana ogni quattro anni da Parigi a Brest e ritorno e rappresenta la seconda gara ciclistica più antica della storia, Si narra che all'arrivo della prima edizione nel 1891 ci fossero 10mila persone ad attendere i ciclisti a Parigi...e giustamente Mike Hall, organizzatore della Londra-Istambul nonchè circumnavigatore del mondo senza supporto in 91 giorni, rivendica oggi la purezza del ciclismo proprio nelle lunghe distanze.

Personalmente però credo che questa della Parigi-Brest sia solo una scusa perchè la vera soddisfazione è il raggiungimento di un obiettivo arduo ma possibile che rende tanto simile questa passione all'alpinismo. Anche le nostre bre-vette hanno dislivelli e lunghezze, prati, rocce, freddo e caldo, asfalto, notti e temporali. Ma alla fine si torna a casa, se tutto è andato bene, soddisfatti, magari col sedere in fiamme ma con l'impressione di essere ancora capaci di vivere un sogno estraneo a questa vita monotona e banale, dove la fatica viene vista come il male assoluto. Sono piccole imprese nelle quale si conoscono altre anime erranti come noi, magari con altre motivazioni e velocità, ma affratellati da questo sforzo che cementa amicizie come solo i sogni comuni riescono a fare. Inoltre si scoprono angoli dimenticati ma splendidi dell'Italia minore che il tipico andare lento della bici permette di assaporare tra sapori antichi e magari vecchie osterie. Avventure vissute con spirito giovanile talvolta goliardico e che nella vita quotidiana e standardizzata non ci permetteremmo mai...per qualche ora ci togliamo la maschera dell'artigiano, dell'impiegata o del professore per tornare randonneur alla ricerca del tutto e del niente.
Sappiamo bene poi che non tutto scorre in modo così corretto, che oltre alle profonde amicizie nascono anche antipatie e che anche qui esistono persone che sfruttano questa passione per fini volgarmente economici ma il randonneur è generalmente uomo di mondo e sa a quali debolezze ci costringe talvolta la miseria della situazione umana....così è la vita.
In ogni caso per poter sfidare la sorte parigina con altre migliaia di ciclisti provenienti da tutto il mondo bisogna aver percorso da gennaio un "aperitivo" di quattro brevetti da 200-300-400-600 km entro tempi prefissati, teoricamente per selezionare i partecipanti ma, insinuano le malelingue, soprattutto per riempire le casse degli organizzatori. Perchè, sì, l'iscrizione costa oltre 100€ ma durante "l'olimpiade dei randonneur" l'organizzazione poi trova stratagemmi per mungere ancor più abbondantemente i partecipanti che devono scucire svariati euri per ogni bisogno dall'acqua alla branda passando per la doccia o un misero panino.
300: Reggio Emilia
Questa serie di brevetti in sè e per sè non è particolarmente ardua e sono 4 anni che la completo con facilità ma quest'anno tutto mi si è complicato con la rottura della spalla e conseguente operazione con placca e viti avvenuta a metà di febbraio ovvero tre settimane prima del primo brevetto di Reggio. Devo ammettere che questa scadenza mi ha ulteriormente caricato e motivato nella riabilitazione tanto che il 19 aprile sono già alle prese con la 300 sempre a Reggio Emilia. Non sono assolutamente pronto per tale distanza visto che ho passato un mese e mezzo di immobilità e solo dieci giorni in bici e sono abbastanza preoccupato. Il chirurgo dopo l'operazione ha sentenziato, essendo anche lui ciclista, "auto sì ma bici no" e poi..."io non ti riattacco più" insomma parto veramente guardingo ripromettendomi di andare piano, di non stare in gruppo e di fare i tratti in sterrato scendendo dalla bici... tanto basta arrivare... ma sono promesse da palombaro ciclista infatti dopo un'oretta mi trovo addirittura in testa al gruppo a tirare a 35KMH cosa che evidentemente pagherò nel finale. Comunque riesco ad arrivare coi primi fino a Peschiera ma poi sugli strappetti dopo Desenzano non ce la faccio a seguirli e vado del mio passo seppur apostrofato da un rude compaesano bergamasco con un "ndoma barba...".
Personalmente ho sempre detestato gli organizzatori che infilano pezzi di sterrato più o meno pericolosi e magari nel finale dei brevetti quando si è più stanchi ed è un attimo scivolare e farsi del male per niente: non usiamo bici e copertoni adatti e non capisco proprio il senso di queste torture. Di certo le strade asfaltate sul Lago di Garda non mancano e guardo con commiserazione un paio di colleghi che hanno forato e devono assistere malinconicamente al gruppetto che si allontana. La beffa è che il "controllo" consiste nello scrivere ad un certo punto il numero di un sentiero con l'ora del passaggio...cosa che chiunque può facilmente taroccare. E'vero che oramai metà dei controlli nei brevetti sono autogestiti però visti i rischi che questo pezzo di strada comporta per la mia spalla destra, la tentazione di tagliare ammetto ci sia stata. Bevo invece fino alla fine l'amaro calice, incurante delle apparizioni olografiche del mio chirurgo che sghignazza dicendo: se cadi tra ossa e ferri sai cosa si rompe prima? Ma io poi non ti riattacco più..." Per fortuna la zona eroica finisce e riesco a rientrare con molti sforzi proprio al controllo-ristoro sibolicamente piazzato al mausoleo di Solferino. Questa per me è una vera battaglia, confesso a qualche amico raggiunto, ma già essere qui per me è una vittoria. Pedalo ergo sum. Riparto con un certo affanno visto che le forze iniziano a mancare e appena la strada sale non ce la faccio più...non ho forza e mi arrendo all'evidenza di dover trebbiare il rientro di 100km padani in solitudine. Naturalmente si alza un vento antipatico che spira, ma và?, proprio in faccia. Lo so che è sempre così ma ogni volta mi ritrovo a meditare sulle correlazioni tra la legge di Murphy e quella di Eolo. In più il panorama è proprio monotono, piatto piattume padano, dove svetta come un colpo di fulmine la vista della quattrocentesca corte Castiglioni di Casatico con la pittoresca Osteria due platani, un posto fuori dal tempo.

 E' quasi superfluo annotare che la tracciatura GPS è qui totalmente annodata e quando raggiungo l'inutile controllo "ristoro" di Guastalla a 50k dall'arrivo mi dicono che d'ora in avanti dovrò seguire solo la frecciatura sull'asfalto ma anch'essa prima Rggio sparisce per alcuni tratti però chissenefrega sono arrivato, sono vivo, ho finito il primo tassello del poker per Parigi ma soprattutto non mi sono fatto nulla alla facciaccia delle gufate dell'ectoplasma del chirurgo....
400: Lugo
Passano tre settimane ed eccomi a Lugo, una delle mie rando preferite...mare e monti, Toscana e Romagna, buona organizzazione ma anche altimetria di tutto rispetto con quei 4000mt di dislivello concentati nei 150k finali. Quando stavo bene non mi sono mai preoccupato ma oggi la montagna è il mio tallone d'Achille e so che soffrirò ma anche che la soddisfazione alla fine sarà per questo ancora maggiore. Ritrovo Daniele, Alfredo e tutti i simpatici organizzatori e partiamo per i soliti 100k verso Comacchio con la tipica attraversata in battello all'olandese 

ed i lunghi tratti sull'Adriatico. Andatura come sempre inutilmente elevata non mi impedisce di far conoscenza con un piemontese emigrato a Modena che è stato uno dei pionieri del movimento rando in Italia. Mi racconta di quanto sia cambiato lo spirito originale e di quanto ci si stia sempre più granfondendo ma lancia anche un allarme sui numeri dei partecipanti ai brevetti in Italia che sembrano in aumento ma solo grazie ai brevettini da 100-200 km mentre sulle lunghe distanze c'è un po' di calo. Certo la vita del randonneur è dura e le trasferte sempre più costose e non stupisce che ogni anno ci sia qualcuno che molla e non ci siano molti rimpiazzi...naturalmente nell'anno della PBP questo si nota di meno ma se un ciclista prova a partecipare ad una rando per sfuggire ai rischi delle granfondo o ammaliato dal motto "piano ma lontano" e poi si ritrova intruppato sui 38 all'ora beh non c'è da stupirsi se la prossima volta ci pensi due volte.
Mi ritrovo a meditare a queste cose mentre inizio ad arrancare sui primi strappi della salita verso il passo del Carnaio...qui gli altri anni sputavo l'anima per stare con i migliori ma quest'anno me ne frego, vivo alla giornata memore della crisi dell'anno precedente sulla salita della Calla dove arrivo che inizia a albeggiare. Mi vesto con tutto quello che ho visto che la discesa nella foresta casentinese è notoriamente fredda però con un po' di luce posso apprezzare la bellezza di questi luoghi e convengo con la decisione degli organizzatori per modificare il giro l'anno prossimo permettendo ai ciclisti di assaporare le bellezze naturalistiche di queste zone. Poi scendo fino a Papiano dove in gioventù vissi un'intensa esperienza pastorale (non in senso religioso ma reale:capre e pecore) e salgo alla Croce dei Mori da dove parte la più bella discesa del mondo. Qualcuno certamente non condividerà questa mia enfasi. Infatti a metà discesa una sinistra ambulanza si para in mezzo alla strada e mi diranno poi che uno dei nostri è caduto malamente dopo aver investito un tasso. Questo mi fa riflettere molto. Non so quanti tassi vivi abbiate visto voi, io e tutte le persone che ho interpellato nessuno. Quante probabilità ci saranno che un animale così raro decida di attraversare la strada , tra l'altro in mezzo alle case, proprio nel momento nel quale scendete voi alle 4 di mattino? Questo conferma che se la fortuna è cieca invece la sfiga ci vede benissimo...per fortuna l'amico la prende bene e malgrado la rottura del gomito e altro, scherza così giorni dopo sul forum: "Beh ho visto un tasso in discesa e l'ho preso al volo..." e sì che era la sua prima notte randagia, certamente indimenticabile...
Ma torniamo a Lugo dove sono frattanto arrivato all'ultima asperità del giro ovvero il breve ma intenso strappo del Beccuggiano, solo4km ma tutti sul 10-14% che dopo 350k si fanno sentire. In più a quel punto la rando si inserisce nella granfondo del Giro di Romagna . Come tutto nella vita questo comporta aspetti positivi e altri negativi: nel pro c'è un ristoro degno di un matrimonio nel contro l'umiliante confronto con i pimpanti granfondisti...vi sono stati anni nei quali ho anche provato a seguirli in discesa fino a Faenza e oltre ma gli anni e gli acciacchi mi ha insegnato la calma e la moderazione...è proprio vero quello che diceva un proverbio tibetano: Quello che non insegna la saggezza lo insegna la malattia.
200:Desenzano
L'ARI (Audax Randonneur Italia) ovvero l'organizzazione che coordina i brevetti e quanto vi ruota attorno, sta facendo dei passi da gigante. Diciamo che il movimento italiano è abbastanza giovane, una quindicina d'anni, e all'inizio tutto è vissuto in modo pioneristico così come i primi spartani brevetti: autosufficienza alimentare e logistica, controlli autogestiti ...insomma poco stress. Solo la scadenza quadriennale della PBP imponeva un minimo di struttura organizzativa. Poi i numeri sia dei partecipanti che dei brevetti sono aumentati ed è sorta la necessità di un organismo che coordinasse il tutto. Adesso c'è la Randocard, ci si iscrive online pagando con Paypal e scaricando la liberatoria già compilata. Però siamo in Italia e si sa che la voglia di sottostare alle regole qui è molto relativa e c'è sempre qualcuno che vuole fare di testa propria.
Comunque sul sito ARI c'è il suo bel calendario nazionale dei brevetti dal quale ognuno può comodamente scegliere i brevetti più vicini a casa o più interessanti. Mancandomi il 200 e non volendomi spostare troppo da Carpi avevo puntato sul giro del Garda del 16 maggio. Ero ignaro che la rando fosse inserita nel Colnago Festival e soprattutto delle tristi conseguenze che ciò comportava.
In questi anni ho fatto brevetti di ogni tipo: da quelli organizzatissimi tipo Londra-Edimburgo-Londra a quelli più spartani come il Tour di Ungheria. Brevetti molto belli come quelli intorno a Milano oppure organizzati dai classici quattro appassionati come Castelfranco o Bologna o in Toscana. Qui si muoveva nientemeno che la Colnago, mi illudevo, e chissà che sballo. Mai apparenza fu più falsa. Gli è che Colnago organizza questo Cycling Festival che culmina con la consueta granfondo ma deve trovare qualcosa da far fare ai ciclo-arrapati, spesso stranieri, anche negli altri giorni. Potrebbero organizzare sulla spiaggia gare di biglie in plastica con i nomi dei vecchi campioni invece da un paio d'anni hanno avuto la pensata di inserire una rando che in verità funge da aperitivo per la gara dell'indomani: inutile dire che i due avvenimenti sono in antitesi come una degustazione di Champagne durante il Ramadam.
Già l'iscrizione suona strana: non è possibibile farla dal sito ARI ma direttamente da quello della SDAM una delle società più accreditate per il cronometraggio di granfondo o maratone, poi il prezzo di 30€ è sproporzionato. Per intenderci l'anno scorso alla 1400 ungherese per 35€ ci hanno dato una maglia da ciclismo personalizzata col tuo cognome stampato, la medaglia e il diploma, due dormitori e qualcosa da mangiare lungo la strada. Non c'è paragone visto il servizio offerto da Colnago. Alla partenza sul lungolago di Desenzano c'è addirittura lo speaker però poco dopo si sono dimenticati di togliere le transenne e dopo 200mt si rischia il volo collettivo.

 L'unico lato positivo è che incontro il buon Paride Miglio con il quale non avevo più avuto modo di parlare dopo la RAAM. Si è infatti concesso un periodo di riposo ma parla dell'esperienza USA in termini estatici. Il paese degli estremi lo ha veramente colpito con i suoi rettilinei da 700km in mezzo al deserto e le fermate al passaggio a livello da 45 minuti per un treno merci. Mi racconta dell'importanza in queste gare del team, 10 persone, e del corrispondente esborso economico ma si dice pronto a ritentare tra un paio di anni. Lo ammiro molto anche se all'inizio delle gallerie si gira e torna a casa lasciandomi solo col solito ventaccio contrario all'altezza di Torbole. Naturalmente gli arrapao sono partiti forte, dopo pochi km eravamo già sui 40all'ora, ed hanno proseguito così. Ne vedo alcuni al controllo-ristoro di Limone dove arriviamo ai 34 abbondanti di media e veramente del randonneur questi non hanno nulla. Il ristoro è veramente scarso ma mi godo lo splendido panorama del Garda prima di Riva tra una galleria e l'altra.
La calda salita di Brentonico viene illuminata ai primi tornanti dalla poetica scritta nuziale " OGGI BALDORIA- DOMANI FINISCE-LA SPOSA COMANDA- E L'UOMO OBBEDISCE" piccola gemma di saggezza popolare trentina ma anche universale a pensarci bene.
Poi si scende verso la ciclabile dell'Adige dove trovo il secondo misero ristoro, qualche pezzo di banana, una crostata e pedalare.

 Si segue la ciclabile quasi fino a Verona ma si prosegue fino a Valeggio e da lì si risale verso Desenzano. Mentre pedalo in quella zona vengo fermato da cinque partecipanti al brevetto di Rovigo, che ho già incrociato varie volte visto che continuano a perdersi dato che non hanno nè esperienza nè GPS. Seguono un po' la frecciatura e un po' il roadbook ma adesso sono fermi presso un contadino visto che il roadbook di uno di loro indica che dovrebbe esserci un controllo da quelle parti. 

Gli dimostro invece che nell'ultima versione il controllo è scomparso, facciamo un selfie col simpatico contadino e me li tiro dietro fino all'arrivo. E' la loro prima rando e temo sia anche l'ultima visto quello che hanno trovato per strada. All'arrivo poi ci arrabbiamo ancora di più visto che il promesso pasta party è stato cancellato...rispetto ai precedenti miseri ristori c'è qualche fetta di ananas in più e basta. Le due ragazze addette al controllo ne capiscono di randonnee come io di alta moda ...basta vedere come compilano il tesserino giallo che il grande Lorenzo Borrelli definisce sacro ma che per loro, evidentemente, vale come un biglietto del treno usato. Credo non sappiano neppure cosa sia la Parigi Brest. D'altronde anche ai piani alti della Colnago ho l'impressione che non abbiano molto le idee chiare visto che mentre scrivo, e sono già passate quasi tre settimane, la lista degli omologati non è ancora apparsa sul sito ARI ergo non ho il numero di omolologazione ergo corro il rischio, ma non voglio neppure pensarci, di dovermi sciroppare un'altra cammellata per avere l'omologazione richiesta... sono proprio dei s pro vveduti,e uso un eufemismo, questi Colnago...
600 : Piavon
Non si può certo accusare l'ARI di non aver dato la possibilità a tutti di brevettarsi. quest'anno.almeno al nord anche per la 600 c'erano molte possibilità ed io sia per questioni di tracciato ma anche di date ho optato per la versione veneta. Quella di Castelfranco l'ho già fatta due volte e comunque passa in zone nelle quali pedalo ogni giorno, mi intrigava quella in Toscana abbinata con le terme che sono una mia grande passione ma il percorso era duretto e l'acqua calda d'estate non è proprio il massimo. Andrebbe detta poi qualcosa sulla moda di fare la rando ad anelli: la 600 di Nerviano ne prevedeva 3 da 200km l'uno e ritorno ogni volta dal Via! come al Monopoli. Questo sicuramente è comodo ma snatura ulteriormente la natura della rando accelerando l'approccio granfondistico....
Ma torniamo a Piavon dove il consueto , e comodo, spazio ai campi sportivi è stato sostituito causa elezioni con i locali parrocchiali mentre il ritrovo è fuori da un bar dove il buon Giuseppe cerca, con l'aiuto di qualche parente precettato per l'occasione, di gestire la burocrazia delle iscrizioni. Con scarsi risultati purtroppo. Qui siamo passati dalla grandeur strafottente della multinazionale della bici alla totale autogestione di un purosangue anzi di un randosauro. E' inutile dire che Giuseppe batte Colnago 3 a 0 ma certo non ci sarebbero stati male un paio di punti di controllo con ristoro a metà degli spezzoni da 300km nei quali è diviso il brevetto. A proposito di ristori il buon Giuseppe da vero self made-man prepara anche i cibi e durante una 300 nell'anno passato ho avuto modo di dissertare con lui a 1000 mt sulle implicazioni della dieta vegetariana. Certo non vivo più situazioni critiche come quando andavo 30 anni fa nei ristoranti yugoslavi o in pakistan dove il pane o le patate erano l'unico alimento possibile però è dura quando arrivi ad un ristoro dopo 150km e trovi solo panini al prosciutto. In ogni caso avevo preavvisato il buon Giuseppe che se se non disturbava troppo avrei gradito qualcosa veg...immaginate la mia delusione quando arrivo su questo passo alpino e trovo il mio riso pieno di tonno. "Mi sono informato- sostiene Giuseppe- e i vegetariani non mangiano carne ma il pesce sì..."Gli faccio notare che dopo 30 anni ed accurate ricerche posso confermare che il tonno e la trota sono animali come le pecore o i bradipi ed è stato solo un barbatrucco ecclesiale quello di aver creato questa falsa differenza ma poi lascio stare la surreale disputa, mi mangio due crostate e amen. Questa volta Giuseppe non si sbaglia ed al ristoro notturno trovo un'ottima pasta alla verdure che mi centellino pensando di poterla finire il giorno dopo all'arrivo...purtroppo partecipa al brevetto anche l'ex campionessa di scherma Dorina Vaccaroni che da qualche anno partecipa alle granfondo e, immagino, quest'anno voglia partecipare alla PBP. Il fatto è che anche la Dorina è vegetariana perciò si spazzola all'arrivo la mia razione K e pace. La solidarietà ciclo-veg mi aiuta a superare il brutto colpo....
Ma torniamo sulle strade venete dove si snoda la lunga fila , siamo una settantina, di temerari. Dopo un'oretta abbastanza blanda i soliti esagitati iniziano a tirare sui 35/38 finchè Mariano e soci non si piazzano davanti mantenendo una velocità regolare fino all'inizio dell'unica lunga salita della giornata ovvero la Cima di Campo.
Naturalmente in vetta pioviggina ma non fa freddo malgrado siamo quasi a 1500mt e la discesa è molto bella, controllo autogestito a Castel Tesino (certo potevano anche avvisare che avremmo trovato addirittura un bici-grill sulla strada principale invece che farci arrampicare in paese alla ricerca di un bar) poi si scende fino in Valsugana e qui si capisce cosa intendeva l'organizzatore quando nel briefing di partenza parlava di "frecciatura a macchia di leopardo". Insomma la traccia GPS è stata fatta qualche mese fa poi sono passati e hanno frecciato un po' a sentimento ed il risultato è, come potete immaginare, un gran casino. Per intenderci io che seguo di solito in modo religioso la traccia GPS mi trovavo spesso a bivi nei quali le indicazioni sono diverse: arrivando in Valsugana decido di seguire le frecce che però all'incrocio successivo "leopardescamente" non ci sono più e io mi ritrovo a smoccolare cercando di capire a naso la direzione giusta. A Borgo di Valsugana 

si imbocca la bella ciclabile verso Bassano e mi accorgo che siamo in Trentino e lì le ciclabili sono abbastanza belle. Nel frattempo si crea, come spesso accade nelle lunghe discese, un gruppetto composto dai cinque di Portogruaro più Salvatore di Milano e lo sloveno Eugen. Il gruppo di Portogruaro si ferma ad un bar e restiamo soli al ponte "sacro" di Bassano.


Con Salvatore ,che ho già conosciuto alla LEL ed è davvero un randonneur esperto, gli argomenti non mancano invece lo sloveno è più taciturno e decisamente poco in palla, lo rivedremo grondante ai 300 prima del ritiro. Raggiungiamo invece Antonio, del giro di Mariano, e con lui arriviamo fino al controllo: il problema è che la ghiotta scritta di questa gelateria ci fa fare una breve sosta che sarà fatale: arrivati a 5km da Piavon veniamo investiti dal classico temporale estivo che ci inzuppa come delle alghe e arrivati al controllo veniamo irrisi dal gruppo che ci aveva superato mentre ci godevamo il gelato e che era riuscito ad arrivare senza prendere acqua. Ah le fatali tentazioni...fatte, come diceva Oscar Wilde"perchè vi si possa cedere..."

Dopo la gustosa pasta, di cui ho già tessuto le lodi, mi cambio e nel frattempo il temporale si è un po' allontanato...nessuno nutre molte speranze per la notte visto che il giro di boa degli ultimi 300 è posto a Gemona , sopra Udine, zona tristemente nota come il pisciatoio d'Europa. Comunque ripartiamo con la banda di Mariano, con i quali avevo già pedalato in Ungheria, e con loro vivo l'esilarante discussione fuori dal pub citata all'inizio. Il tempo sembra poi virare miracolosamente al bello mentre la tracciatura del percorso resta un mistero buffo. Giuseppe, cui piacciono molto molto gli sterrati (mortacci sua...) ci aveva preavvisato di evitare quello di San Vito, cosa che noi facciamo, poi però la traccia ci conduce inesorabilmente verso un fangoso tratturo di campagna, reso ancora più scivoloso dalla fresca piovuta. Uno di noi cade e le bestemmie si sprecano...ho già espresso le mie considerazioni sopra ma pensate alla mia impressione quando all'arrivo Giuseppe casca dalle nuvole e capiamo che questo carradone in mezzo ai campi è un ennesimo errore di tracciatura di openrunner. Dopo Gemona vedo che la Banda Simionato è rimasta da troppo tempo senza locali pubblici dai quali attingere caffè, grappini e altro e conoscendoli so che questo li mette in crisi e che sono un po' come la Cucaracha della nota canzone, anche se per altri motivi" che "non puede caminàr ". Tutto a un tratto mi giro e non c'è più nessuno ma ci conosciamo e quindi vado avanti da solo. Passo il curioso murales sulla salita di Bordano dove si allenava Bottecchia ed hanno ricordato tutti i grandi del ciclismo. Mi smazzo quindi gli ultimi 100km da solo dopo aver notato, con raccapriccio, quanto brutta e devastante per l'ambiente sia l'autostrada per Tarvisio e quanto sia bella invece la discesa sulla Valdobbiadene letteralmente pullulante di ciclisti. Ripasso poi a Vittorio Veneto e scopro la bellezza, passato dopo il geniale lago di Lago, giuro si chiama così, di castel Brando dove conto di tornate con la sposa appena posso.
Gli ultimi "veloci" 50km non sono per niente tali visto che spira un forte vento contrario, non so se sia "borìn" ma decisamente è una rottura di maroni. Comunque è fatta, torno alla partenza in solitaria dopo poco meno di 30 ore, tempo non esaltante ma va bene così, sono felice di aver completato il poker, di aver visto bei posti e aver conosciuto o rivisto altri "matti" con i quali, ed è un privilegio raro, non c'è bisogno di trovare scuse o spiegazioni a questa lucida follia ciclistica.
Alè compagnons, Paris nous attend...