lunedì 18 agosto 2014

LA RANDONNEE UNGHERESE

TOUR DE TRANSDANUBIE 2014

Il Magister hotel che è il campo base di questo brevetto è un orribile cassone stile vetero-comunista con personale, non tutto per fortuna, uguale alla struttura. Questo confermerebbe le teorie di molti architetti sulla stretta correlazione tra struttura abitative e caratteri degli abitanti. Comunque ha molte stanze ed è quindi comodo per comitive numerose...in questi giorni ad esempio è stivato di spilungoni/e quivi convenuti per un torneo internazionale di Street ball, sport del quale ignoravo beatamente l'esistenza e che ho scoperto essere una specie di pallacanestro da campetto giocata da squadre di 3. Comunque visto il motivo che mi ha portato qui a Veszprem, città peraltro famosa per essere stata campionessa europea di pallamano, mi travesto da sportivo e decido anche di seguire la finale dei mondiali che si gioca questa sera anche se non me importa una beatissima cippa di niente. Mi armo di lattina di birra e salatini di ordinanza e mi schiero in pole position in sala TV...resisto fino al 10° del secondo tempo poi la noia ha il sopravvento e mi ricordo che sono in piedi dall'alba grazie ai simpatici galli di Mohacs.
Il giorno dopo realizzo che essendo arrivato un giorno prima del previsto ho più tempo per fare il turista e rilassarmi, il che non è male, ma prima di tutto devo trovare un copertone nuovo visto che il mio anteriore ha un brutto squarcio, temo causato dal filo spinato Bosniaco. Scovo un negozietto proprio vicino all'hotel dove ovviamente nessuno parla una parola di inglese o altro idioma che non sia magiaro stretto. Riusciamo a capirci e monto un copertone un po' pesante ma viste le strade che troveremo, a posteriori, ho fatto una buona scelta. Mi inquieta un po' scoprire che non ne sanno assolutamente nulla della Randonnèe che partirà a 300mt dal loro negozio. Inizio a capire che l'organizzazione sarà un po' pioneristica.
Veszprem è una cittadina vivace e con un bel centro storico e un interessante festival jazz ospitato dalla piazza centrale. Visito il castello e vengo colpito dal sottostante parco pubblico dove c'è questo simpatico corso d'acqua con cascatella all'interno del quale le persone camminano alla ricerca di refrigerio new age.
 C'è anche una bella biblioteca autogestita e veramente in bioedilizia.
 La città mi ha subito conquistato, peccato per la lingua. Alla sera dopo essere riuscito nell'impresa di cuocermi uno spaghetto con il microonde e una pentala di plastica vado a fare un giro al concerto che ha una struttura molto socializzante di tavoli e panche ed infatti conosco alcune ragazze locali delle quali una, che a dire il vero è nata in Germania, parla un decente inglese. Anche lei dopo un po' ritira fuori il tormentone del “si stava meglio quando si stava peggio” sui tempi andati e mi rendo conto di quanto siamo tutti un po' laudator temporis acti nostalgici inguaribili. Certo la parola crisi rimbalza ovunque, anche se anche qui tutti sbevazzano allegramente vino di qualità con prezzi simili a quelli italici. Dev'essere un meccanismo psicologico, l'oggi non ci piace, il domani ci spaventa e l'ieri, quando eravamo naturalmente più giovani e belli, ci appare nei momenti migliori dimenticando forse i tanti problemi che abbiamo passato.
Comunque Ute e compagne , anche loro sono qui per turismo, domani andranno a castelli mentre io voglio andare a farmi un bagnazzo sul vicino lago Balaton ma ci diamo appuntamento sempre qui in piazza per il concerto serale. 
 
Raggiungo il Balaton la mattina dopo in pullman visto che ho giurato di non usare più la bici per tre giorni. La destinazione è la famosa Balatonfüred che ha la fama di essere una delle località più inn del “mare degli Ungheresi” forse a causa del porto pieno di yacht. La spiaggia è conseguentemente a pagamento, noblesse oblige, e non è neppure una spiaggia visto che è un prato che finisce in acqua. Il Balaton è comunque poco più di una palude molto ampia ma profonda pochi metri e dal fondo fangoso con acque conseguentemente torbide, sembra insomma di essere nell'Adriatico solo che qui l'acqua è dolce. Ma va bene così, mi piazzo sotto l'ombra di un tiglio e passo la giornata in meritato relax.
 Alla sera tornato in hotel attendo l'arrivo di Mariano, Giovanni e Mario qui convenuti per il brevetto. Andiamo a mangiare in piazza e poi mi sgancio per finire le mie disquisizioni social-musicali con Ute. In uno stand propongono una splendida ale artigianale che aiuta parecchio la comunicazione...
La mattina dopo è già vigilia di gara con tutte le conseguenze logistico-organizzative: finire di sistemare la bici, le borse e le cose per i bag drop. Nel pomeriggio sobria cerimonia per la consegna del Cartellino del brevetto e conoscenza con l'organizzatore Akos e i due ragazzi francesi che lo aiuteranno...ci danno alcune informazioni tra le quali quella triste sulla scarsa partecipazione: saremo sì e no una trentina di randagi alla partenza. Alla sera si unisce a noi anche Michael che non fa parte originariamente della squadra di Mariano.
 Viene dal Trentino ed è un buon ciclista ma è alla prima randonnèe. In più è vegano, animalista convinto e architetto e questo me lo fa diventare subito simpatico. Mi attardo in camera con lui bevendo l'ultima birra e cercando di dargli qualche consiglio logistico sugli eterni dubbi prima di un lungo brevetto: questo vestito prendo o no?Mi serviranno tre paia di calzini? E i guanti invernali? Per fortuna la borsa per i bag drop, ovvero le masserizie personali che l'organizzazione farà trovare ai controlli intorno ai km 450 e 900, è abbastanza libera da limiti di peso e si può abbondare.
Alla mattina ovviamente né io né Michael sentiamo la sveglia alle 3,45. Lui perchè alla sera si è attardato con un gattino affamato, anima sensibile..., e io semplicemente perchè la sveglia non ha suonato. E' vero che sentivo moto sgasare da un bel po' sotto alla mia camera ma pensavo fosse qualche gruppo di Bikers metallari arrivati a notte fonda...invece erano le nostre moto di scorta che ci aspettavano. Mi sveglio di istinto alle 4,30...minchia mancano 30 minuti alla partenza. Devo rinunciare alla pantagruelica colazione che mi ero preparato, raccatto i miei stracci che lascerò in hotel e le borse e salto in bici. Tra l'altro piove e mi rendo conto di non sapere bene neppure il luogo della partenza visto che confidavo appunto sulla spola dell'organizzazione: arrivo in piazza quando hanno già fatto la foto di gruppo, rimedio un paio di scatti ricordo e si parte.
 Piove incessantemente per le prime due ore e siamo assediati da un nugolo di moto che ci fotografano di continuo, evidentemente siamo in pochi e devono pur sfogarsi. Vista la pioggia e l'andatura guardinga me la prendo comoda, restiamo soli io e Michael con una moto personale che ci scorta da vicino per i primi 90km col pilota che agli incroci scende e blocca il traffico per farci passare. Mai vista un gentilezza simile. Smette di piovere e veniamo raggiunti da un gruppetto di 5/6 randagi ai quali ci accodiamo. Non faccio neppure in tempo a conoscerli che arriviamo al primo controllo dopo un centinaio di km, saggiamente piazzato fuori da una Pekara ovvero da un panettiere. Arrivano anche Mariano e gli altri e io riparto velocemente inseguendo i due tedeschi nel nostro gruppetto che avevano un bel passo. Purtroppo sbaglio strada e restiamo soli perciò mi metto a tirare aiutato da un vento favorevole. Le strade in questa zono sono buone, larghe e senza traffico e nelle foreste si sta benissimo. Michael è un vero esperto di fauna locale e mi spiega che le cicogne, animali molto amati dagli ungheresi così come i cavalli, vengono qui a riprodursi dal Congo, sempre sullo stesso nido e con la stessa compagna. Veniamo raggiunti in questo lieto conversare dagli altri 3 italiani con i quali arriviamo al secondo controllo: ormai è ora di pranzo e ci ridividiamo perchè gli altri si fiondano al ristorante mentre noi vegetarian/vegani preferiamo un fruttivendolo locale nei cui pressi scopro un'antica ma sempre valida vecchia pompa. 
 
Verso le ore centrali del giorno fa un caldo notevole tanto che molti ciclisti del nord Europa se ne torneranno a casa proprio per questa ragione. Dopo mangiato però il forte vento, come è naturale visto che abbiamo invertito la rotta, inizia a soffiarci contro e questo non è bello. L'andatura cala notevolmente e iniziamo a sperimentare la rudezza di questi lunghi falsopiani che soprattutto col vento contrario ti massacrano visto che devi sudare 78 camicie per fare i 18/19 kmh eppure ti guardi intorno e sei in pianura! se poi l'asfato è ruvido e bucherellato sono veramente cazzi (perdonate il dotto francesismo ma su questi falsopiani ho sputato l'anima...mi dicono che la Parigi Brest sia tutta così e non vedo l'ora...).
In qualche modo arriviamo al controllo di Fertőd sistemato in una strategica pizzeria all'ingresso dello splendido castello degli Esterhazy, la cosiddetta Versailles dell'Ungheria.

Mentre arriviamo salutiamo il gruppetto di 5 ciclisti che guida il brevetto che ormai sta partendo, non facciamo in tempo a ordinare che arrivano invece gli altri italiani con i quali decidiamo di proseguire visto che inizia a far buio e, si sa, di notte sarebbe sempre meglio fare gruppo. Qui Michael si distingue per un paio di numeri, prima perde le chiavi della macchina che gli saltano fuori dalla borsa ma ha il culo pazzesco di sentirle e di ritrovarle tra i binari di un passaggio a livello, poi viene fermato dalla polizia perchè avevamo fatto un'inversione di marcia non consentita. La strada era peraltro totalmente deserta ma si sa come sono fatti i poliziotti...noi ce la diamo a gambe ma lui viene pizzicato e quelli gliela vogliono far pagare per tutti. Per fortuna che un po' vuoi per l'importanza conferitaci dal cartellino con i timbri del brevetto, vuoi per il fatto di avere una compagna ungherese e quindi di sapere qualche parola in più, comunque dopo un po' lo rilasciano. Noi purtroppo abbiamo proseguito per alcuni km vittime di pastrocchio: io ho raggiunto un tedesco che pedalava solitario e gli altri che vedendo due luci pensavano fossimo noi due arcangeli hanno tirato avanti...quando ci fermiamo io telefono al socio che nel frattempo si è perso e quindi torno indietro a cercarlo mentre gli altri ripartono. La strada per fortuna è abbastanza pianeggiante fino allo strappo secco che ci porta al controllo della millenaria abbazia benedettina di Pannonhalma, la seconda più grande al mondo. Scendiamo e raggiungiamo verso le 4 il primo bag-drop a 450km dalla partenza. La scena è surreale perchè entriamo in questa catapecchia nel bosco e troviamo Akos, l'organizzatore, con una specie di Geppetto che a quell'ora sta scolpendo delle statuette di legno di cui è ripiena la stanza. Sembra una vecchia scuola in disuso ma ci sono per terra alcuni materassi con coperte e a quell'ora è tutto quello che serve. Quando ci svegliamo verso le 7 gli altri sono già partiti ma troviamo Sergej , un moscovita, che ci chiede di aggregarsi. Dice che con gli altri del gruppetto non si trovava per questioni linguistiche ma anche, credo, caratteriali visto che è abbastanza eccentrico mentre gli altri ungheresi sembrano più quadrati. Ci fermiamo in un bar a fare colazione e scopriamo che è un tipo simpatico e, scopriremo in seguito, con molte particolarità. E' nato in una cittadina russa al confine con la Cina, parla iraniano, fa il tecnico elettronico in una ditta tessile ed è un gran giramondo. E' anche un gran chiacchierone e sarà per l'inglese stentato o per le sacche di pilloline che si porta dietro ma se gli fai una domanda sulle sue luci lui inizia a raccontarti di una gara di MTB che ha fatto in Turchia o di un brevetto indiano. Comunque ci piace: se non sono matti non li vogliamo...
Dopo pochi km ritroviamo gli altri italiani che sono fermi a sistemare il portapacchi di Mariano. Ripartiamo quindi in sei e arriviamo insieme al controllo di Esztergom, bellissima città che fu un tempo la capitale ed è dominata dall'antica basilica, la più grande chiesa dell'Ungheria.

 La città è collegata con la Slovacchia da un bel ponte sul Danubio che attraversiamo per la prima volta. Percorriamo quindi una ventina di km in Slovacchia, poi costeggiamo per qualche minuto il bel Danubio blu che qui è veramente bello e complice la calda giornata viene preso d'assalto dai gitanti. Purtroppo anche il nostro gruppetto si lascia trascinare dallo spirito vacanziero ed all'ennesima fermata al ristorante io che non ho fame e vorrei invece fare della strada saluto l'allegra brigata e me ne vado da solo. La promessa è di vederci al prossimo controllo ma in effetti non ci vedremo più fino all'arrivo. Sono infatti un po' preoccupato perchè abbiamo fatto solo 150km in mezza giornata e ho visto che ci aspettano molte montagne. Infatti la strada si impenna subito per una prima salita dalle pendenze non arcigne ma lunga e soprattutto disturbata dal traffico pesante e voi sapete quanto possa essere antipatico essere superati, in salita e con i polmoni belli aperti , da un vecchi camion bulgaro col tubo di scappamento che erutta fumo nero. Siamo nell'estremo nord del paese in una bella zona di montagne e parchi che almeno ombreggiano un po' la strada. Su una di queste salite incrocio un giovane randagio ungherese che sale mestamente spingendo la bici. Mi fermo per chiedere se ha bisogno ma mi fa capire che problemi al fondoschiena cosa peraltro comune e comprensibile dopo 700km in bici. Il controllo è piazzato in un ruvido bar di montagna dove un giovane che dalla parlata in buon inglese deve provenire dalla vicina Budapest, il quale vuole sapere tutto sulle randonnèe e insiste perchè beva qualcosa con i suoi amici. Mi dispiace essere poco cordiale ma lo saluto con la scusa che stanno arrivando due ungheresi che possono spiegarglielo molto meglio di me. Siamo circa a metà del tour ma io che non ho buone luci ed ho notato con raccapriccio che le strade in questa zona sono molto peggiori che nell'est, cerco di fare più strada possibile prima del calare delle tenebre. Evento che fatalmente si compie come ogni giorno mentre sono “in the middle of nowhere” ovvero nel mezzo del nulla in una zona ondulata ad ovest di Budapest. L'attuale settima tappa è la più lunga con i suoi 158km che vorrei completare prima di cercare qualche posto dove dormire a Kecskemét.
Mi fermo in un bar disperso nella campagna dove mi guardano come un alieno. Sono gentili ma l'incomunicabilità è totale, per fortuna che con gesti e sceneggiate degne della smorfia riesco a farmi dare qualcosa per dissetarmi. Riparto ma le strade qui fanno veramente schifo: tra toppe e buche mi sembrano il vestito di Arlecchino, maschera peraltro resa celebre proprio dal mio compaesano Zan Ganassa.
Sono preoccupato per la marcia notturna ma intanto, miracolosamente, in questa landa desolata trovo una pizzeria dove stanno proprio cuocendo una pizza ai 4 formaggi, la mia preferita. Visto che da lì a tre ore sarà il mio compleanno lo interpreto come un regalo anticipato da parte del fato. Mentre finiscono di cuocerla mi preparo per la notte con luci e vestiti adatti e poi mi godo un'ottima cenetta.
Quando riparto è buio ma sono carico e conto di coprire i 120 km semipianeggianti in 4-5 ore, buche permettendo. Miracolosamente le strade si fanno discrete se non belle e comunque senza traffico...è proprio festa allora.
Verso la mezzanotte entro in un'ennesima foresta di acacie tramite un lunghissimo rettilineo ove la luce rossastra dei fari delle macchine che riflette sulla parte inferiore delle foglie rese luccicanti dall'umidità della notte crea effetti luminosi psichedeleci. Sembra di passare in una galleria scintillante con varie sfumature colorate. Visto che non assumo da tempo sostanze alteranti e che la birra Soproni non credo ne possegga mi godo lo spettacolo teatrale come un miracolo della natura. A questo punto la foresta inizia a parlarmi, sbucano vari cerbiatti che associo ad alcune persone importanti della mia vita e forse sogno ad occhi aperti. Mi ripassano velocemente davanti tutte le persone e i fatti più importanti e vivo una specie di “processo” alle mie azioni.
La cosa dura a lungo e alla fine “la voce” mi consiglia di prendermela di meno e di stare più rilassato nonchè di passare più tempo con i miei familiari. Nel frattempo vedo dei cartelli che indicano un paese dal singolare nome di “Mikebuda” che mi fa pensare ai miei recenti interessi per il buddismo. Poi la voce svanisce, la foresta tace e rivedo le luci di una città. Mi sembra strana, non c'è nessuno per strada e mi ricorda un sogno che avevo spesso da bambino ovvero di camminare a lungo in una città dove non c'era nessun altro.

Per fortuna che almeno in piazza qualche segno di vita c'è e la cosa mi ha talmente impressionato che mi sono fermato a fotografare la chiesa col suo strano campanile anche per essere certo di non aver sognato il tutto. 
Sono le 2 e lascio Nagykőrös per uno stradone ovviamente vietato alle bici ma chissenefrega, è il mio compleanno e non c'è traffico e non mi metterò certo a percorrere delle arzigogolate ciclabili adesso. Scovo il controllo posto in una vivace pizzeria strapiena di gente malgrado l'ora tarda e mi dirigo alla ricerca di uno Sport Hotel che viene consigliato dal roadbook. Lo scovo verso le quattro, entro e come portiere di notte mi ritrovo davanti, invece che il classico portiere di notte scazzato per essere stato svegliato, una bella figliola con tanto di minigonna e generosa scollatura. Mentre sono lì che contratto il prezzo, della camera s'intende, entra di soppiatto un'altra biondina che mi chiarisce definitivamente la funzione e la mission del locale alla quale comunque non sono punto interessato. Mi interessa invece avere un buon letto, una bella doccia, una buona birra e tanto mi basta.
Quando alla mattina alle 7 ricompaio in sala colazione la tipa è ancora lì e mi saluta con un significativo “why don't you sleep some more” ovvero perchè non dormi di più? La risposta sarebbe troppo lunga ma accenno brevemente al brevetto che sto facendo ma quando le dico che ho percorso 850km in bici in due giorni mi guarda con la classica espressione del “sei proprio matto”...vorrei spiegarle di più citando il classico “eppue c'è del metodo in questa follia” ma non mi va di scomodare Shakespeare a quest'ora di mattina e soprattutto di procrastinare l'inizio della splendida colazione che vedo già apparecchiata.
Riparto di ottimo umore e col vento alle spalle, la strada è pianeggiante e filo ai 30 all'ora nella campagna fino a Kalocsa dove i due simpatici volontari francesi sono accampati fuori da un'antica casa magiara e provano anche a fotografarmi.
 Da bravi randonneurs hanno preparato qualcosa da bere e mangiare, immagino pagata di tasca loro visto il minimalismo organizzativo, e se ne staranno al caldo sotto un gazebo per aspettare i disperati rimasti in corsa visto che dei 30 partiti già 10 si sono ritirati per il caldo, davvero intenso per queste zone dove i 35 gradi si raggiungono raramente. Mi dicono anche che prima di me ci sono a 2/3 ore solo i due ungheresi, gli lascio i saluti per gli amici italiani che mi seguono e riparto per il secondo bag-drop di Jánoshalma . Qui la strada è un po' monotona anche se si attraversano bei torrenti che servono almeno a raffreddare un po' l'aria visto che fa veramente molto caldo.
 Si distinguono ancora questi lunghissimi rettilinei in leggera salita apparentemente innocui ma che alla lunga ti sfiancano...guardi la strada a tuo fianco e dici: ma sono in pianura, invece fai una faticaccia a tenere i 20 all'ora...poi arrivi finalmente in cima e invece della meritata discesa la strada ricomincia a risalire tanto poco che il navigatore neppure percepisce il dislivello ma le gambe sì.

Il bag-drop è sistemato in un vecchio collegio agrario con ambientazione, e servizi igienici, decisamente retrò.
 Il bidello mi fa percorrere lunghissimi corridoi per arrivare ad una doccia bollente, lo ringrazio ma dopo aver pedalato sotto al sole con 32° uno vorrebbe semmai una secchiata gelata. Akos mi da alcuni buoni consigli per la parte finale visto che mancano meno di 500km all'arrivo. Riparto ristorato e dopo un po' mi ritrovo su strade note e ripercorro una trentina di km che avevo già fatto salendo da Mohacs solo che adesso ci saranno almeno 10/15 gradi in più. Ripasso sul ponte di Baja, 
mi infilo nella solita foresta ma il sole è così perpendicolare che non fa un filo d'ombra. Ritrovo anche la simpatica “scultura” che avevo già fotografato all'andata una settimana fa, visto che la scritta Lovasnap seguita dalla data del mio compleanno mi era parsa benaugurale. Avevo scoperto poi che significa “Festa dei cavalli” e infatti intravedo una specie di rodeo con recinti di legno e vestiti da cow-boys...non so quanto i cavalli siano felici di questa festa ma spero non li maltrattino troppo.

L'unica differenza stradale è che dopo un po' giro a sinistra imboccando un pezzo di statale dove Akos mi aveva consigliato di stare attento. Il fatto è che gli automobilisti ungheresi hanno questa strana passione per la velocità e spesso li vedi sfrecciare o ancor peggio a gareggiare a velocità spropositata così, tanto per sgasare un po' e magari dopo qualche km li ritrovi fuori dal bar a bersi una birretta. Questo tratto è particolarmente largo ed evidentemente attizza la passione per la velocità perciò mi vedo sfilare alcuni pazzoidi sui 150 all'ora. Come si possa intendere il consiglio del buon Akos se non standosene il più possibile a destra stringendo le chiappe non è dato di sapere.
Sono all'estremo sud dell'Ungheria e passo finalmente per la famosa Mohacs, città sul Danubio famosa per le due battaglie contro i Turchi: una vinta e una persa.
La zona è piuttosto spopolata e destinata, come buona parte dell'Ungheria all'agricoltura. Il sole inizia a calare e ne approfitto per questa foto che titolerò: il tramonto del ciclista randagio. 
Capisco che non riuscirò ad arrivare a Pecs prima del buio ma prendo tempo, come sempre, prima di bardarmi per la notte. Arrivo così al controllo di Villany dove improvvisamente dalla calma piatta della campagna ungherese con i contadini che rientrano dai campi, mi ritrovo in una festa totale. E' una specie di sagra del vino che prevede gare di assaggio cui partecipano pittoresche squadre che con calice di ordinanza alla mano si trascinano da un “check-point” all'altro, poi c'è il luna park e tutto il paese è un locale dopo l'altro pieno di gente più o meno sbronza. Io mi fermo a chiedere dove è il ristorante del nostro controllo e vengo arpionato da due belle quanto discinte magiare che insistono perchè mi fermi con loro a bere l'ottimo vino locale. Mi devo dare un pizzicotto...è vero che è ancora il giorno del mio compleanno, iniziato col discorso della foresta e proseguito con l'avvenente”portiera” di notte però dieci minuti fa stavo grufolando nella noia totale e adesso mi ritrovo in mezzo a questa baldoria? Sono gli estremi tipici dell'Ungheria e dovrei iniziare a capire come funziona. Comunque declino gentilmente, quanto a malincuore, l'invito...timbro e riparto prima che faccia notte verso Pecs che anche le ragazze mi confermano essere una città molto vivace.
Pedalo sulle solite rettilineosalite che questa volta mi portano davvero in cima a qualcosa visto che all'improvviso compare davanti alla mia bici il profilo illuminato di Pecs “la città senza confini”. Situata vicino al confine con la Croazia ha la fama di essere una città aperta e multietnica, vivibile e creativa. Mi tuffo in discesa nelle luci della periferia che la rendono molto più grande di quanto sia veramente anche grazie all'effetto anfiteatro conferitole dai monti Mecsek sui quali è adagiata. Questa volta sono felice di avere un navigatore che mi porta per mano attraverso la brutta periferia e poi verso il centro storico contornato dalle mura antiche dette Barbakan. Arrivo nella piazza principale dominata dall'antica moschea di Pasha Quasìm dalla quale si diparte una strada pedonale strapiena di gente che balla, beve e se la spassa. La traccia, sempre molto precisa grazie alle correzioni di Silvano-Parakito, si blocca in un localino dove una street band ha appeno finito l'esibizione. Chiedo a due ragazzi al tavolino dove sia il mio hostello e quelli mi fanno: ma è questo! All'inizio penso che abbiano bevuto qualche birra di troppo ma verificato che sono due tedeschi ,che dormono anche loro qui, entro e cerco di capire. Ricordo a questo punto che Akos mi aveva consigliato il posto ed in effetti il gestore, un ragazzo gentilissimo, abbandona il locale strapieno per mostrarmi la nostra stanza. In effetti l'ostello è al piano superiore di questa vecchia casa che mi ricorda moltissimo le case occupate o i locali alternativi di Berlino.
 Mi porto su la bici e scopro che avevano prenotato un'intera camerata solo per noi randagi ed il murale che campeggia all'ingresso testimonia del rispetto per i viaggiatori. Sono veramente felice ed il mio compleanno non poteva chiudersi meglio. Mi doccio e scendo a ritirare una sontuosa birra doppio malto “Pecsi” che mi risveglia l'appetito. Scovo un kebabbaro che prepara ottime felafel con una buona baklava come dessert : la seconda Pecsi mi canta la ninna nanna. 
Malgrado sia proprio sopra la strada della movida dormo il sonno dei giusti e soprattutto degli stanchi visto che ho pedalato 1200km in tre giorni. Quando scendo alle 5 pronto per partire il tipo è abcora lì bello e felice come il sole che si beve l'ultimo Mojito con gli amici. Mi dice che fa questa vita da 15 anni e che si diverte ancora un mondo...beato lui. La situazione comunque è molto bella e vivace perciò capisco anche che in questo contesto possa divertirsi ancora a tirare le 5 quasi tutta la settimana...vedremo tra 20 anni.
Io riparto dopo un caffè+baklava energizzanti, albeggia e la città è deserta quindi ancora più piacevole...è come vedere una bella ragazza nuda che dorme.
Mi risvegliano le prime rampe di quella che sarà una delle salite più dure del tour ed in effetti questa tappa ha l'altimetria più importante di tutte. Ma sono fresco sia di forze che di termometro e salgo senza problemi. Durante la bella discesa noto una colorata scritta su un muro che recita “welcome to the paradise”, non posso che ripensare all'opposta scritta che accoglie i ciclisti all'inizio dello Zoncolan. A poco a poco inizio a capire che il murales non è solo una boutade pubblicitaria perche Orfu è davvero una vallata baciata da Dio. Laghetti, boschi, dolci colline e belle case fanno sì che la zona sia effettivamente una destinazione turistica molto ambita non solo in Ungheria. Beh meno male che esistono ancora bei posti in questo mondo malato.

Dopo qualche km purtroppo mi ritrovo nella condizione di Adamo ed Eva dopo la cacciata e mi ritrovo affamato ed a sbuffare in salita tra il traffico che, benchè sia domenica mattina, incomincia a farsi vivace. Passo la bella ed austera Kaposvàr e trovo un market aperto dove mi fermo a fare spesa. Entro e mi squadrano come un marziano e mi ricordo come qualche sociologo sostenga che ormai le maggiori differenze culturali non si trovino più tra le varie zone di una nazione ma tra città grandi e paesini. Insomma benchè io sia a pochi km da una città cosmopolita come Pecs e poco distante da Budapest che è una delle capitali della movida europea, le mamme portano via i bambini che vorrebbero vedere quella specie di fenomeno da baraccone che devo apparirgli. In effetti già i ciclisti sono merce rara da queste parti, se poi aggiungiamo luci, navigatore, borse e la mia faccia sbattuta da 4 giorni di sella posso anche capirli. Il market è veramente disadorno: pane secco, frutta marcia e formaggio che sa di plastica ma mancano solo 200km all'arrivo e va bene così. Ancora qualche salita e arrivo sul Balaton però sulla sponda sud. Timbro e riparto spedito pensando che almeno qui la strada sarà davvero pianeggiante...è vero però per motivi sconosciuti la costiera è in maggior parte vietata alle bici. Vi sono delle vecchie ciclabili spesso strette e maltenute che vanno anche bene per le famigliole nella loro sgambatina di 10km della domenica mattina ma che mal si prestano alla bisogna di un rude randagio che vorrebbe al più presto vedere la scritta “Veszprem”. Faccio quindi l'italo-indiano anche se in alcuni tratti dove la ciclabile si sposta molto dalla strada principale sono costretto a percorrerla e anche a fare qualche fotografia per testimoniare il fatto.

A proposito di fotografie perdo un po' di tempo per riprendere bene lo spettacolare castello medievale di Sumeg. Da lontano è troppo piccolo, quando arrivo vicino ci sono le case davanti e alla fine mi tocca riprenderlo di profilo che non certo il suo lato buono...è chiaro che fare una randonnèe con un po' di ritmo sacrifica la qualità fotografica e spesso mi trovo a pensare se quel punto appena passato forse non sarebbe valso uno stop...raramente comunque torno indietro... 
dipende anche da come è messa la strada: qui ad esempio trovo in una discesella questa casa con alcuni dei simboli di questo giro: il tao dipinto sul muro ed il camioncino della “Bomba”
 una bevanda energetica sulla quale ho molto scherzato con gli amici prima della partenza vista la fama mitica di questa bevanda nell'ambiente ciclistico portata alla consacrazione dalla partecipazione di Fantozzi alla Cobram.

Ridendo e scherzando arrivo all'ultimo controllo di Ajda, mancano meno di 40km alla fine ma mai dire:”è finita “perchè da quando lo dici, o lo pensi, la strada diventa un calvario. Intanto l'organizzatore ha piazzato una salita arcigna subito dopo il timbro e mentre lo sto maledicendo me lo vedo sbucare col suo furgoncino. Starò delirando oppure sta andando a casa sua o a soccorrere qualcuno in crisi...invece dopo qualche minuto mi ri-supera e lo trovo fermo che mi fotografa...beh evidentemente non deve avere più molto da fare, penso, e alla fine sono il terzo umano ed il primo straniero a finire il brevetto. Però quando capisco che mi vuole scortare fino all'arrivo, e mancano più di 15 km, mi sembra veramente esagerato...va bene che la statale M-7 è abbastanza trafficata ma siamo passati in posti ben peggiori.
All'ingresso di Veszprem mi fermo sotto al cartello scritto in caratteri runici 
e mi faccio scattare svariate foto ricordo anche al Magistral con tutti gli organizzatori.

Sono quasi le 18 il che vuol dire che ho impiegato poco più di 84 ore, una in più dell'anno scorso alla LEL a parità di chilometraggio. Pensavo di metterci di meno ma probabilmente ha pesato il fatto che ho dovuto farla quasi tutta da solo e la necessità di arrangiarsi per sopravvivere mente l'ottima organizzazione da Londra in poi mi aveva lasciato concentrare solo sul fatto atletico, se mi passate il termine altisonante. Sono comunque molto più riposato e ben messo fisicamente segno che l'esperienza qualcosa me l'ha insegnato.
Dopo la doccia vado a far scorta di birra e cibo per gli italiani che dovrebbero arrivare di lì a qualche ora: telefono a Mariano che mi dice che sono a circa 100km dall'arrivo ma devono essere un po' cotti, comprensibilmente viste le temperature, e non arriveranno prima delle 4 di mattino.
Visto che sono totalmente disoccupati conosco un po' meglio i volontari francesi ovvero Alain e Sylvie. Dobbiamo proprio ringraziare persone come queste se possiamo permetterci di fare questi brevetti. Loro in effetti avevano contattato Akos per partecipare alla Rando ma scrivendosi le mail organizzative si erano resi conto di quanto lavoro avesse e quanto scarsa fosse la sua brigata. Così si erano offerti volontari per supportarlo...immagino infine quanto debba essere stato triste per lui scoprire che i 60 partecipanti dell'anno scorso si erano dimezzati, in effetti le recensioni dei partecipanti italianei erano state buone ma chissà alla fine tutti cerchiamo di variare e scoprire nuove strade e nuovi paesaggi.
In ogni caso anche questa sgroppata balcanica era finita, indubbiamente in questi 2700km pedalati in 15 giorni le emozioni non erano mancate e grazie al cielo era finito tutto bene. Avevo anche fatto amicizia con Sergej e Michael col quale avrei fatto in macchina il viaggio di ritorno a Bled in Slovenia.

Il sogno di quest'anno si era quindi concluso positivamente ma aveva acceso le scintille per nuovi sogni e nuove sfide...e se è vero che siamo fatti della materia dei nostri sogni bisogna pur averne sempre di nuovi e costruire nuovi cassetti per bilanciare la consuetudine quotidiana.
Ancora una volta entrambe le risposte sono necessarie per mantenere l'equilibrio nella vita.



1 commento:

  1. Grande Michele , noto un velo di innamoramento, cosa che avviene per le cose che ci fanno soffrire , e contemporaneamente ci affascinano .
    Lieto che le traccie gps siano andate bene .
    Non si sa nulla della prossima edizione ?

    RispondiElimina