TOUR
DE TRANSDANUBIE 2014
Il
Magister hotel che è il campo base di questo brevetto è un orribile
cassone stile vetero-comunista con personale, non tutto per fortuna,
uguale alla struttura. Questo confermerebbe le teorie di molti
architetti sulla stretta correlazione tra struttura abitative e
caratteri degli abitanti. Comunque ha molte stanze ed è quindi
comodo per comitive numerose...in questi giorni ad esempio è
stivato di spilungoni/e quivi convenuti per un torneo internazionale
di Street ball, sport del quale ignoravo beatamente l'esistenza e che
ho scoperto essere una specie di pallacanestro da campetto giocata da
squadre di 3. Comunque visto il motivo che mi ha portato qui a
Veszprem, città peraltro famosa per essere stata campionessa europea
di pallamano, mi travesto da sportivo e decido anche di seguire la
finale dei mondiali che si gioca questa sera anche se non me importa
una beatissima cippa di niente. Mi armo di lattina di birra e
salatini di ordinanza e mi schiero in pole position in sala
TV...resisto fino al 10° del secondo tempo poi la noia ha il
sopravvento e mi ricordo che sono in piedi dall'alba grazie ai
simpatici galli di Mohacs.
Il
giorno dopo realizzo che essendo arrivato un giorno prima del
previsto ho più tempo per fare il turista e rilassarmi, il che non è
male, ma prima di tutto devo trovare un copertone nuovo visto che il
mio anteriore ha un brutto squarcio, temo causato dal filo spinato
Bosniaco. Scovo un negozietto proprio vicino all'hotel dove
ovviamente nessuno parla una parola di inglese o altro idioma che non
sia magiaro stretto. Riusciamo a capirci e monto un copertone un po'
pesante ma viste le strade che troveremo, a posteriori, ho fatto una
buona scelta. Mi inquieta un po' scoprire che non ne sanno
assolutamente nulla della Randonnèe che partirà a 300mt dal loro
negozio. Inizio a capire che l'organizzazione sarà un po'
pioneristica.
Veszprem
è una cittadina vivace e con un bel centro storico e un interessante
festival jazz ospitato dalla piazza centrale. Visito il castello e
vengo colpito dal sottostante parco pubblico dove c'è questo
simpatico corso d'acqua con cascatella all'interno del quale le
persone camminano alla ricerca di refrigerio new age.
C'è anche una
bella biblioteca autogestita e veramente in bioedilizia.
La città mi
ha subito conquistato, peccato per la lingua. Alla sera dopo essere
riuscito nell'impresa di cuocermi uno spaghetto con il microonde e
una pentala di plastica vado a fare un giro al concerto che ha una
struttura molto socializzante di tavoli e panche ed infatti conosco
alcune ragazze locali delle quali una, che a dire il vero è nata in
Germania, parla un decente inglese. Anche lei dopo un po' ritira
fuori il tormentone del “si stava meglio quando si stava peggio”
sui tempi andati e mi rendo conto di quanto siamo tutti un po'
“laudator
temporis acti
“ nostalgici
inguaribili. Certo la parola crisi rimbalza ovunque, anche se anche
qui tutti sbevazzano allegramente vino di qualità con prezzi simili
a quelli italici. Dev'essere un meccanismo psicologico, l'oggi non ci
piace, il domani ci spaventa e l'ieri, quando eravamo naturalmente
più giovani e belli, ci appare nei momenti migliori dimenticando
forse i tanti problemi che abbiamo passato.
Comunque
Ute e compagne , anche loro sono qui per turismo, domani andranno a
castelli mentre io voglio andare a farmi un bagnazzo sul vicino lago
Balaton ma ci diamo appuntamento sempre qui in piazza per il concerto
serale.
Raggiungo
il Balaton la mattina dopo in pullman visto che ho giurato di non
usare più la bici per tre giorni. La destinazione è la famosa
Balatonfüred
che ha la fama di essere una delle località più inn del “mare
degli Ungheresi” forse a causa del porto pieno di yacht. La
spiaggia è conseguentemente a pagamento, noblesse oblige, e non è
neppure una spiaggia visto che è un prato che finisce in acqua. Il
Balaton è comunque poco più di una palude molto ampia ma profonda
pochi metri e dal fondo fangoso con acque conseguentemente torbide,
sembra insomma di essere nell'Adriatico solo che qui l'acqua è
dolce. Ma va bene così, mi piazzo sotto l'ombra di un tiglio e passo
la giornata in meritato relax.
Alla sera tornato in hotel attendo
l'arrivo di Mariano, Giovanni e Mario qui convenuti per il brevetto.
Andiamo a mangiare in piazza e poi mi sgancio per finire le mie
disquisizioni social-musicali con Ute. In uno stand propongono una
splendida ale artigianale che aiuta parecchio la comunicazione...
La
mattina dopo è già vigilia di gara con tutte le conseguenze
logistico-organizzative: finire di sistemare la bici, le borse e le
cose per i bag drop. Nel pomeriggio sobria cerimonia per la consegna
del Cartellino del brevetto e conoscenza con l'organizzatore Akos e i
due ragazzi francesi che lo aiuteranno...ci danno alcune informazioni
tra le quali quella triste sulla scarsa partecipazione: saremo sì e
no una trentina di randagi alla partenza. Alla sera si unisce a noi
anche Michael che non fa parte originariamente della squadra di
Mariano.
Viene dal Trentino ed è un buon ciclista ma è alla prima
randonnèe. In più è vegano, animalista convinto e architetto e
questo me lo fa diventare subito simpatico. Mi attardo in camera con
lui bevendo l'ultima birra e cercando di dargli qualche consiglio
logistico sugli eterni dubbi prima di un lungo brevetto: questo
vestito prendo o no?Mi serviranno tre paia di calzini? E i guanti
invernali? Per fortuna la borsa per i bag drop, ovvero le masserizie
personali che l'organizzazione farà trovare ai controlli intorno ai
km 450 e 900, è abbastanza libera da limiti di peso e si può
abbondare.
Alla
mattina ovviamente né io né Michael sentiamo la sveglia alle 3,45.
Lui perchè alla sera si è attardato con un gattino affamato, anima
sensibile..., e io semplicemente perchè la sveglia non ha suonato.
E' vero che sentivo moto sgasare da un bel po' sotto alla mia camera
ma pensavo fosse qualche gruppo di Bikers metallari arrivati a notte
fonda...invece erano le nostre moto di scorta che ci aspettavano. Mi
sveglio di istinto alle 4,30...minchia mancano 30 minuti alla
partenza. Devo rinunciare alla pantagruelica colazione che mi ero
preparato, raccatto i miei stracci che lascerò in hotel e le borse e
salto in bici. Tra l'altro piove e mi rendo conto di non sapere bene
neppure il luogo della partenza visto che confidavo appunto sulla
spola dell'organizzazione: arrivo in piazza quando hanno già fatto
la foto di gruppo, rimedio un paio di scatti ricordo e si parte.
Piove incessantemente per le prime due ore e siamo assediati da un
nugolo di moto che ci fotografano di continuo, evidentemente siamo in
pochi e devono pur sfogarsi. Vista la pioggia e l'andatura guardinga
me la prendo comoda, restiamo soli io e Michael con una moto
personale che ci scorta da vicino per i primi 90km col pilota che
agli incroci scende e blocca il traffico per farci passare. Mai
vista un gentilezza simile. Smette di piovere e veniamo raggiunti da
un gruppetto di 5/6 randagi ai quali ci accodiamo. Non faccio neppure
in tempo a conoscerli che arriviamo al primo controllo dopo un
centinaio di km, saggiamente piazzato fuori da una Pekara ovvero da
un panettiere. Arrivano anche Mariano e gli altri e io riparto
velocemente inseguendo i due tedeschi nel nostro gruppetto che
avevano un bel passo. Purtroppo sbaglio strada e restiamo soli perciò
mi metto a tirare aiutato da un vento favorevole. Le strade in questa
zono sono buone, larghe e senza traffico e nelle foreste si sta
benissimo. Michael è un vero esperto di fauna locale e mi spiega che
le cicogne, animali molto amati dagli ungheresi così come i cavalli,
vengono qui a riprodursi dal Congo, sempre sullo stesso nido e con la
stessa compagna. Veniamo raggiunti in questo lieto conversare dagli
altri 3 italiani con i quali arriviamo al secondo controllo: ormai è
ora di pranzo e ci ridividiamo perchè gli altri si fiondano al
ristorante mentre noi vegetarian/vegani preferiamo un fruttivendolo
locale nei cui pressi scopro un'antica ma sempre valida vecchia
pompa.
Verso
le ore centrali del giorno fa un caldo notevole tanto che molti
ciclisti del nord Europa se ne torneranno a casa proprio per questa
ragione. Dopo mangiato però il forte vento, come è naturale visto
che abbiamo invertito la rotta, inizia a soffiarci contro e questo
non è bello. L'andatura cala notevolmente e iniziamo a sperimentare
la rudezza di questi lunghi falsopiani che soprattutto col vento
contrario ti massacrano visto che devi sudare 78 camicie per fare i
18/19 kmh eppure ti guardi intorno e sei in pianura! se poi l'asfato
è ruvido e bucherellato sono veramente cazzi (perdonate il dotto
francesismo ma su questi falsopiani ho sputato l'anima...mi dicono
che la Parigi Brest sia tutta così e non vedo l'ora...).
In
qualche modo arriviamo al controllo di Fertőd
sistemato
in una strategica pizzeria all'ingresso dello splendido castello
degli Esterhazy, la cosiddetta Versailles dell'Ungheria.
Mentre
arriviamo salutiamo il gruppetto di 5 ciclisti che guida il brevetto
che ormai sta partendo, non facciamo in tempo a ordinare che arrivano
invece gli altri italiani con i quali decidiamo di proseguire visto
che inizia a far buio e, si sa, di notte sarebbe sempre meglio fare
gruppo. Qui Michael si distingue per un paio di numeri, prima perde
le chiavi della macchina che gli saltano fuori dalla borsa ma ha il
culo pazzesco di sentirle e di ritrovarle tra i binari di un
passaggio a livello, poi viene fermato dalla polizia perchè avevamo
fatto un'inversione di marcia non consentita. La strada era peraltro
totalmente deserta ma si sa come sono fatti i poliziotti...noi ce la
diamo a gambe ma lui viene pizzicato e quelli gliela vogliono far
pagare per tutti. Per fortuna che un po' vuoi per l'importanza
conferitaci dal cartellino con i timbri del brevetto, vuoi per il
fatto di avere una compagna ungherese e quindi di sapere qualche
parola in più, comunque dopo un po' lo rilasciano. Noi purtroppo
abbiamo proseguito per alcuni km vittime di pastrocchio: io ho
raggiunto un tedesco che pedalava solitario e gli altri che vedendo
due luci pensavano fossimo noi due arcangeli hanno tirato
avanti...quando ci fermiamo io telefono al socio che nel frattempo si
è perso e quindi torno indietro a cercarlo mentre gli altri
ripartono. La strada per fortuna è abbastanza pianeggiante fino allo
strappo secco che ci porta al controllo della millenaria abbazia
benedettina di Pannonhalma, la seconda più grande al mondo.
Scendiamo e raggiungiamo verso le 4 il primo bag-drop a 450km dalla
partenza. La scena è surreale perchè entriamo in questa catapecchia
nel bosco e troviamo Akos, l'organizzatore, con una specie di
Geppetto che a quell'ora sta scolpendo delle statuette di legno di
cui è ripiena la stanza. Sembra una vecchia scuola in disuso ma ci
sono per terra alcuni materassi con coperte e a quell'ora è tutto
quello che serve. Quando ci svegliamo verso le 7 gli altri sono già
partiti ma troviamo Sergej , un moscovita, che ci chiede di
aggregarsi. Dice che con gli altri del gruppetto non si trovava per
questioni linguistiche ma anche, credo, caratteriali visto che è
abbastanza eccentrico mentre gli altri ungheresi sembrano più
quadrati. Ci fermiamo in un bar a fare colazione e scopriamo che è
un tipo simpatico e, scopriremo in seguito, con molte particolarità.
E' nato in una cittadina russa al confine con la Cina, parla
iraniano, fa il tecnico elettronico in una ditta tessile ed è un
gran giramondo. E' anche un gran chiacchierone e sarà per l'inglese
stentato o per le sacche di pilloline che si porta dietro ma se gli
fai una domanda sulle sue luci lui inizia a raccontarti di una gara
di MTB che ha fatto in Turchia o di un brevetto indiano. Comunque ci
piace: se non sono matti non li vogliamo...
Dopo
pochi km ritroviamo gli altri italiani che sono fermi a sistemare il
portapacchi di Mariano. Ripartiamo quindi in sei e arriviamo insieme
al controllo di Esztergom,
bellissima città che fu un tempo la capitale ed è dominata
dall'antica basilica, la più grande chiesa dell'Ungheria.
La città
è collegata con la Slovacchia da un bel ponte sul Danubio che
attraversiamo per la prima volta. Percorriamo quindi una ventina di
km in Slovacchia, poi costeggiamo per qualche minuto il bel Danubio
blu che qui è veramente bello e complice la calda giornata viene
preso d'assalto dai gitanti. Purtroppo anche il nostro gruppetto si
lascia trascinare dallo spirito vacanziero ed all'ennesima fermata al
ristorante io che non ho fame e vorrei invece fare della strada
saluto l'allegra brigata e me ne vado da solo. La promessa è di
vederci al prossimo controllo ma in effetti non ci vedremo più fino
all'arrivo. Sono infatti un po' preoccupato perchè abbiamo fatto
solo 150km in mezza giornata e ho visto che ci aspettano molte
montagne. Infatti la strada si impenna subito per una prima salita
dalle pendenze non arcigne ma lunga e soprattutto disturbata dal
traffico pesante e voi sapete quanto possa essere antipatico essere
superati, in salita e con i polmoni belli aperti , da un vecchi
camion bulgaro col tubo di scappamento che erutta fumo nero. Siamo
nell'estremo nord del paese in una bella zona di montagne e parchi
che almeno ombreggiano un po' la strada. Su una di queste salite
incrocio un giovane randagio ungherese che sale mestamente spingendo
la bici. Mi fermo per chiedere se ha bisogno ma mi fa capire che
problemi al fondoschiena cosa peraltro comune e comprensibile dopo
700km in bici. Il controllo è piazzato in un ruvido bar di montagna
dove un giovane che dalla parlata in buon inglese deve provenire
dalla vicina Budapest, il quale vuole sapere tutto sulle randonnèe e
insiste perchè beva qualcosa con i suoi amici. Mi dispiace essere
poco cordiale ma lo saluto con la scusa che stanno arrivando due
ungheresi che possono spiegarglielo molto meglio di me. Siamo circa a
metà del tour ma io che non ho buone luci ed ho notato con
raccapriccio che le strade in questa zona sono molto peggiori che
nell'est, cerco di fare più strada possibile prima del calare delle
tenebre. Evento che fatalmente si compie come ogni giorno mentre sono
“in the middle of nowhere” ovvero nel mezzo del nulla in una
zona ondulata ad ovest di Budapest. L'attuale settima tappa è la più
lunga con i suoi 158km che vorrei completare prima di cercare qualche
posto dove dormire a Kecskemét.
Mi
fermo in un bar disperso nella campagna dove mi guardano come un
alieno. Sono gentili ma l'incomunicabilità è totale, per fortuna
che con gesti e sceneggiate degne della smorfia riesco a farmi dare
qualcosa per dissetarmi. Riparto ma le strade qui fanno veramente
schifo: tra toppe e buche mi sembrano il vestito di Arlecchino,
maschera peraltro resa celebre proprio dal mio compaesano Zan
Ganassa.
Sono
preoccupato per la marcia notturna ma intanto, miracolosamente, in
questa landa desolata trovo una pizzeria dove stanno proprio cuocendo
una pizza ai 4 formaggi, la mia preferita. Visto che da lì a tre ore
sarà il mio compleanno lo interpreto come un regalo anticipato da
parte del fato. Mentre finiscono di cuocerla mi preparo per la notte
con luci e vestiti adatti e poi mi godo un'ottima cenetta.
Quando
riparto è buio ma sono carico e conto di coprire i 120 km
semipianeggianti in 4-5 ore, buche permettendo. Miracolosamente le
strade si fanno discrete se non belle e comunque senza traffico...è
proprio festa allora.
Verso
la mezzanotte entro in un'ennesima foresta di acacie tramite un
lunghissimo rettilineo ove la luce rossastra dei fari delle macchine
che riflette sulla parte inferiore delle foglie rese luccicanti
dall'umidità della notte crea effetti luminosi psichedeleci. Sembra
di passare in una galleria scintillante con varie sfumature colorate.
Visto che non assumo da tempo sostanze alteranti e che la birra
Soproni non credo ne possegga mi godo lo spettacolo teatrale come un
miracolo della natura. A questo punto la foresta inizia a parlarmi,
sbucano vari cerbiatti che associo ad alcune persone importanti della
mia vita e forse sogno ad occhi aperti. Mi ripassano velocemente
davanti tutte le persone e i fatti più importanti e vivo una specie
di “processo” alle mie azioni.
La
cosa dura a lungo e alla fine “la voce” mi consiglia di
prendermela di meno e di stare più rilassato nonchè di passare più
tempo con i miei familiari. Nel frattempo vedo dei cartelli che
indicano un paese dal singolare nome di “Mikebuda” che mi fa
pensare ai miei recenti interessi per il buddismo. Poi la voce
svanisce, la foresta tace e rivedo le luci di una città. Mi sembra
strana, non c'è nessuno per strada e mi ricorda un sogno che avevo
spesso da bambino ovvero di camminare a lungo in una città dove non
c'era nessun altro.
Per
fortuna che almeno in piazza qualche segno di vita c'è e la cosa mi
ha talmente impressionato che mi sono fermato a fotografare la chiesa
col suo strano campanile anche per essere certo di non aver sognato
il tutto.
Sono le 2 e lascio Nagykőrös per uno stradone ovviamente
vietato alle bici ma chissenefrega, è il mio compleanno e non c'è
traffico e non mi metterò certo a percorrere delle arzigogolate
ciclabili adesso. Scovo il controllo posto in una vivace pizzeria
strapiena di gente malgrado l'ora tarda e mi dirigo alla ricerca di
uno Sport Hotel che viene consigliato dal roadbook. Lo scovo verso le
quattro, entro e come portiere di notte mi ritrovo davanti, invece
che il classico portiere di notte scazzato per essere stato
svegliato, una bella figliola con tanto di minigonna e generosa
scollatura. Mentre sono lì che contratto il prezzo, della camera
s'intende, entra di soppiatto un'altra biondina che mi chiarisce
definitivamente la funzione e la mission del locale alla quale
comunque non sono punto interessato. Mi interessa invece avere un
buon letto, una bella doccia, una buona birra e tanto mi basta.
Quando
alla mattina alle 7 ricompaio in sala colazione la tipa è ancora lì
e mi saluta con un significativo “why don't you sleep some more”
ovvero perchè non dormi di più? La risposta sarebbe troppo lunga ma
accenno brevemente al brevetto che sto facendo ma quando le dico che
ho percorso 850km in bici in due giorni mi guarda con la classica
espressione del “sei proprio matto”...vorrei spiegarle di più
citando il classico “eppue c'è del metodo in questa follia” ma
non mi va di scomodare Shakespeare a quest'ora di mattina e
soprattutto di procrastinare l'inizio della splendida colazione che
vedo già apparecchiata.
Riparto
di ottimo umore e col vento alle spalle, la strada è pianeggiante e
filo ai 30 all'ora nella campagna fino a Kalocsa dove i due simpatici
volontari francesi sono accampati fuori da un'antica casa magiara e
provano anche a fotografarmi.
Da bravi randonneurs hanno preparato
qualcosa da bere e mangiare, immagino pagata di tasca loro visto il
minimalismo organizzativo, e se ne staranno al caldo sotto un gazebo
per aspettare i disperati rimasti in corsa visto che dei 30 partiti
già 10 si sono ritirati per il caldo, davvero intenso per queste
zone dove i 35 gradi si raggiungono raramente. Mi dicono anche che
prima di me ci sono a 2/3 ore solo i due ungheresi, gli lascio i
saluti per gli amici italiani che mi seguono e riparto per il secondo
bag-drop di Jánoshalma
.
Qui la strada è un po' monotona anche se si attraversano bei
torrenti che servono almeno a raffreddare un po' l'aria visto che fa
veramente molto caldo.
Si distinguono ancora questi lunghissimi
rettilinei in leggera salita apparentemente innocui ma che alla
lunga ti sfiancano...guardi la strada a tuo fianco e dici: ma sono in
pianura, invece fai una faticaccia a tenere i 20 all'ora...poi arrivi
finalmente in cima e invece della meritata discesa la strada
ricomincia a risalire tanto poco che il navigatore neppure percepisce
il dislivello ma le gambe sì.
Il
bag-drop è sistemato in un vecchio collegio agrario con
ambientazione, e servizi igienici, decisamente retrò.
Il bidello mi
fa percorrere lunghissimi corridoi per arrivare ad una doccia
bollente, lo ringrazio ma dopo aver pedalato sotto al sole con 32°
uno vorrebbe semmai una secchiata gelata. Akos mi da alcuni buoni
consigli per la parte finale visto che mancano meno di 500km
all'arrivo. Riparto ristorato e dopo un po' mi ritrovo su strade note
e ripercorro una trentina di km che avevo già fatto salendo da
Mohacs solo che adesso ci saranno almeno 10/15 gradi in più. Ripasso
sul ponte di Baja,
mi infilo nella solita foresta ma il sole è così
perpendicolare che non fa un filo d'ombra. Ritrovo anche la simpatica
“scultura” che avevo già fotografato all'andata una settimana
fa, visto che la scritta Lovasnap seguita dalla data del mio
compleanno mi era parsa benaugurale. Avevo scoperto poi che significa
“Festa dei cavalli” e infatti intravedo una specie di rodeo con
recinti di legno e vestiti da cow-boys...non so quanto i cavalli
siano felici di questa festa ma spero non li maltrattino troppo.
L'unica
differenza stradale è che dopo un po' giro a sinistra imboccando un
pezzo di statale dove Akos mi aveva consigliato di stare attento. Il
fatto è che gli automobilisti ungheresi hanno questa strana passione
per la velocità e spesso li vedi sfrecciare o ancor peggio a
gareggiare a velocità spropositata così, tanto per sgasare un po' e
magari dopo qualche km li ritrovi fuori dal bar a bersi una birretta.
Questo tratto è particolarmente largo ed evidentemente attizza la
passione per la velocità perciò mi vedo sfilare alcuni pazzoidi sui
150 all'ora. Come si possa intendere il consiglio del buon Akos se
non standosene il più possibile a destra stringendo le chiappe non è
dato di sapere.
Sono
all'estremo sud dell'Ungheria e passo finalmente per la famosa
Mohacs, città sul Danubio famosa per le due battaglie contro i
Turchi: una vinta e una persa.
La
zona è piuttosto spopolata e destinata, come buona parte
dell'Ungheria all'agricoltura. Il sole inizia a calare e ne
approfitto per questa foto che titolerò: il tramonto del ciclista
randagio.
Capisco che non riuscirò ad arrivare a Pecs prima del buio
ma prendo tempo, come sempre, prima di bardarmi per la notte. Arrivo
così al controllo di Villany dove improvvisamente dalla calma piatta
della campagna ungherese con i contadini che rientrano dai campi, mi
ritrovo in una festa totale. E' una specie di sagra del vino che
prevede gare di assaggio cui partecipano pittoresche squadre che con
calice di ordinanza alla mano si trascinano da un “check-point”
all'altro, poi c'è il luna park e tutto il paese è un locale dopo
l'altro pieno di gente più o meno sbronza. Io mi fermo a chiedere
dove è il ristorante del nostro controllo e vengo arpionato da due
belle quanto discinte magiare che insistono perchè mi fermi con loro
a bere l'ottimo vino locale. Mi devo dare un pizzicotto...è vero che
è ancora il giorno del mio compleanno, iniziato col discorso della
foresta e proseguito con l'avvenente”portiera” di notte però
dieci minuti fa stavo grufolando nella noia totale e adesso mi
ritrovo in mezzo a questa baldoria? Sono gli estremi tipici
dell'Ungheria e dovrei iniziare a capire come funziona. Comunque
declino gentilmente, quanto a malincuore, l'invito...timbro e riparto
prima che faccia notte verso Pecs che anche le ragazze mi confermano
essere una città molto vivace.
Pedalo
sulle solite rettilineosalite che questa volta mi portano davvero in
cima a qualcosa visto che all'improvviso compare davanti alla mia
bici il profilo illuminato di Pecs “la città senza confini”.
Situata vicino al confine con la Croazia ha la fama di essere una
città aperta e multietnica, vivibile e creativa. Mi tuffo in discesa
nelle luci della periferia che la rendono molto più grande di quanto
sia veramente anche grazie all'effetto anfiteatro conferitole dai
monti Mecsek sui quali è adagiata. Questa volta sono felice di avere
un navigatore che mi porta per mano attraverso la brutta periferia e
poi verso il centro storico contornato dalle mura antiche dette
Barbakan. Arrivo nella piazza principale dominata dall'antica moschea
di Pasha Quasìm dalla quale si diparte una strada pedonale strapiena
di gente che balla, beve e se la spassa. La traccia, sempre molto
precisa grazie alle correzioni di Silvano-Parakito, si blocca in un
localino dove una street band ha appeno finito l'esibizione. Chiedo a
due ragazzi al tavolino dove sia il mio hostello e quelli mi fanno:
ma è questo! All'inizio penso che abbiano bevuto qualche birra di
troppo ma verificato che sono due tedeschi ,che dormono anche loro
qui, entro e cerco di capire. Ricordo a questo punto che Akos mi
aveva consigliato il posto ed in effetti il gestore, un ragazzo
gentilissimo, abbandona il locale strapieno per mostrarmi la nostra
stanza. In effetti l'ostello è al piano superiore di questa vecchia
casa che mi ricorda moltissimo le case occupate o i locali
alternativi di Berlino.
Mi porto su la bici e scopro che avevano
prenotato un'intera camerata solo per noi randagi ed il murale che
campeggia all'ingresso testimonia del rispetto per i viaggiatori.
Sono veramente felice ed il mio compleanno non poteva chiudersi
meglio. Mi doccio e scendo a ritirare una sontuosa birra doppio
malto “Pecsi” che mi risveglia l'appetito. Scovo un kebabbaro che
prepara ottime felafel con una buona baklava come dessert : la
seconda Pecsi mi canta la ninna nanna.
Malgrado sia proprio sopra la
strada della movida dormo il sonno dei giusti e soprattutto degli
stanchi visto che ho pedalato 1200km in tre giorni. Quando scendo
alle 5 pronto per partire il tipo è abcora lì bello e felice come
il sole che si beve l'ultimo Mojito con gli amici. Mi dice che fa
questa vita da 15 anni e che si diverte ancora un mondo...beato lui.
La situazione comunque è molto bella e vivace perciò capisco anche
che in questo contesto possa divertirsi ancora a tirare le 5 quasi
tutta la settimana...vedremo tra 20 anni.
Io
riparto dopo un caffè+baklava energizzanti, albeggia e la città è
deserta quindi ancora più piacevole...è come vedere una bella
ragazza nuda che dorme.
Mi
risvegliano le prime rampe di quella che sarà una delle salite più
dure del tour ed in effetti questa tappa ha l'altimetria più
importante di tutte. Ma sono fresco sia di forze che di termometro e
salgo senza problemi. Durante la bella discesa noto una colorata
scritta su un muro che recita “welcome to the paradise”, non
posso che ripensare all'opposta scritta che accoglie i ciclisti
all'inizio dello Zoncolan. A poco a poco inizio a capire che il
murales non è solo una boutade pubblicitaria perche Orfu è davvero
una vallata baciata da Dio. Laghetti, boschi, dolci colline e belle
case fanno sì che la zona sia effettivamente una destinazione
turistica molto ambita non solo in Ungheria. Beh meno male che
esistono ancora bei posti in questo mondo malato.
Dopo
qualche km purtroppo mi ritrovo nella condizione di Adamo ed Eva dopo
la cacciata e mi ritrovo affamato ed a sbuffare in salita tra il
traffico che, benchè sia domenica mattina, incomincia a farsi
vivace. Passo la bella ed austera Kaposvàr e trovo un market aperto
dove mi fermo a fare spesa. Entro e mi squadrano come un marziano e
mi ricordo come qualche sociologo sostenga che ormai le maggiori
differenze culturali non si trovino più tra le varie zone di una
nazione ma tra città grandi e paesini. Insomma benchè io sia a
pochi km da una città cosmopolita come Pecs e poco distante da
Budapest che è una delle capitali della movida europea, le mamme
portano via i bambini che vorrebbero vedere quella specie di fenomeno
da baraccone che devo apparirgli. In effetti già i ciclisti sono
merce rara da queste parti, se poi aggiungiamo luci, navigatore,
borse e la mia faccia sbattuta da 4 giorni di sella posso anche
capirli. Il market è veramente disadorno: pane secco, frutta marcia
e formaggio che sa di plastica ma mancano solo 200km all'arrivo e va
bene così. Ancora qualche salita e arrivo sul Balaton però sulla
sponda sud. Timbro e riparto spedito pensando che almeno qui la
strada sarà davvero pianeggiante...è vero però per motivi
sconosciuti la costiera è in maggior parte vietata alle bici. Vi
sono delle vecchie ciclabili spesso strette e maltenute che vanno
anche bene per le famigliole nella loro sgambatina di 10km della
domenica mattina ma che mal si prestano alla bisogna di un rude
randagio che vorrebbe al più presto vedere la scritta “Veszprem”.
Faccio quindi l'italo-indiano anche se in alcuni tratti dove la
ciclabile si sposta molto dalla strada principale sono costretto a
percorrerla e anche a fare qualche fotografia per testimoniare il
fatto.
A
proposito di fotografie perdo un po' di tempo per riprendere bene lo
spettacolare castello medievale di Sumeg. Da lontano è troppo
piccolo, quando arrivo vicino ci sono le case davanti e alla fine mi
tocca riprenderlo di profilo che non certo il suo lato buono...è
chiaro che fare una randonnèe con un po' di ritmo sacrifica la
qualità fotografica e spesso mi trovo a pensare se quel punto appena
passato forse non sarebbe valso uno stop...raramente comunque torno
indietro...
dipende anche da come è messa la strada: qui ad esempio
trovo in una discesella questa casa con alcuni dei simboli di questo
giro: il tao dipinto sul muro ed il camioncino della “Bomba”
una
bevanda energetica sulla quale ho molto scherzato con gli amici prima
della partenza vista la fama mitica di questa bevanda nell'ambiente
ciclistico portata alla consacrazione dalla partecipazione di
Fantozzi alla Cobram.
Ridendo
e scherzando arrivo all'ultimo controllo di Ajda, mancano meno di
40km alla fine ma mai dire:”è finita “perchè da quando lo dici,
o lo pensi, la strada diventa un calvario. Intanto l'organizzatore ha
piazzato una salita arcigna subito dopo il timbro e mentre lo sto
maledicendo me lo vedo sbucare col suo furgoncino. Starò delirando
oppure sta andando a casa sua o a soccorrere qualcuno in
crisi...invece dopo qualche minuto mi ri-supera e lo trovo fermo che
mi fotografa...beh evidentemente non deve avere più molto da fare,
penso, e alla fine sono il terzo umano ed il primo straniero a finire
il brevetto. Però quando capisco che mi vuole scortare fino
all'arrivo, e mancano più di 15 km, mi sembra veramente
esagerato...va bene che la statale M-7 è abbastanza trafficata ma
siamo passati in posti ben peggiori.
All'ingresso
di Veszprem mi fermo sotto al cartello scritto in caratteri runici
e
mi faccio scattare svariate foto ricordo anche al Magistral con tutti
gli organizzatori.
Sono
quasi le 18 il che vuol dire che ho impiegato poco più di 84 ore,
una in più dell'anno scorso alla LEL a parità di chilometraggio.
Pensavo di metterci di meno ma probabilmente ha pesato il fatto che
ho dovuto farla quasi tutta da solo e la necessità di arrangiarsi
per sopravvivere mente l'ottima organizzazione da Londra in poi mi
aveva lasciato concentrare solo sul fatto atletico, se mi passate il
termine altisonante. Sono comunque molto più riposato e ben messo
fisicamente segno che l'esperienza qualcosa me l'ha insegnato.
Dopo
la doccia vado a far scorta di birra e cibo per gli italiani che
dovrebbero arrivare di lì a qualche ora: telefono a Mariano che mi
dice che sono a circa 100km dall'arrivo ma devono essere un po'
cotti, comprensibilmente viste le temperature, e non arriveranno
prima delle 4 di mattino.
Visto
che sono totalmente disoccupati conosco un po' meglio i volontari
francesi ovvero Alain e Sylvie. Dobbiamo proprio ringraziare
persone come queste se possiamo permetterci di fare questi brevetti.
Loro in effetti avevano contattato Akos per partecipare alla Rando ma
scrivendosi le mail organizzative si erano resi conto di quanto
lavoro avesse e quanto scarsa fosse la sua brigata. Così si erano
offerti volontari per supportarlo...immagino infine quanto debba
essere stato triste per lui scoprire che i 60 partecipanti dell'anno
scorso si erano dimezzati, in effetti le recensioni dei partecipanti
italianei erano state buone ma chissà alla fine tutti cerchiamo di
variare e scoprire nuove strade e nuovi paesaggi.
In
ogni caso anche questa sgroppata balcanica era finita, indubbiamente
in questi 2700km pedalati in 15 giorni le emozioni non erano mancate
e grazie al cielo era finito tutto bene. Avevo anche fatto amicizia
con Sergej e Michael col quale avrei fatto in macchina il viaggio di
ritorno a Bled in Slovenia.
Il
sogno di quest'anno si era quindi concluso positivamente ma aveva
acceso le scintille per nuovi sogni e nuove sfide...e se è vero che
siamo fatti della materia dei nostri sogni bisogna pur averne sempre
di nuovi e costruire nuovi cassetti per bilanciare la consuetudine
quotidiana.
Ancora
una volta entrambe le risposte sono necessarie per mantenere
l'equilibrio nella vita.
Grande Michele , noto un velo di innamoramento, cosa che avviene per le cose che ci fanno soffrire , e contemporaneamente ci affascinano .
RispondiEliminaLieto che le traccie gps siano andate bene .
Non si sa nulla della prossima edizione ?