mercoledì 14 maggio 2014

Il traghetto

In verità non rientrava esattamente nei miei programmi il racconto di questo brevetto romagnolo ma sono accadute alcune cose che mi hanno spinto a lasciarne memoria scritta.
In sé e per sé questa 400 di Lugo è già un film noto essendo la terza volta che la pedalo: primi 100 km in iper-pianura fino a Comacchio e ritorno, poi attesa in piazza a Lugo e partenza alle 22 per i 300k che danno polpa al brevetto con 5 salite abbastanza scomode...finale al cardiopalmo,volendo&riuscendo, alle ruote dei granfondisti.
Quest'anno poi Lugo sarà sede della partenza di una tappa del Giro perciò la città già generalmente farcita di mandrilli da granfondo causa il concomitante Giro di Romagna, era ancora più bike oriented con tanto di mostra fotografica dedicata a Pantani ed alle vecchie glorie. Raffaele che è anche un ciclo-eroico l'ha visitata trovandola gustosa...io invece sono arrivato direttamente alla partenza dove ho incontrato un amico di Vicenza con il quale avevo già pedalato a Oderzo.
La prima parte quest'anno aveva la variante del passaggio dal traghetto che in verità c'era anche l'anno scorso solo che tutti avevano fatto i furbi saltando la crociera che invece è stata molto spettacolare, quasi olandese direi.
Ma certo noi italiani siamo troppo furbi e senza controlli tendiamo a fare quello che ci pare...in verità anche in Inghilterra la libertà randagia è totale e secondo il regolamento Audax UK ognuno può fare il percorso che gli pare tra due check point tanto che non esistono i controlli a sorpresa...forse con tracciati più lineari potrebbe funzionare anche da noi.
Riusciamo comunque anche quest'anno a sbagliare strada e percorriamo 5 km in più grazie ai soliti gasati del posto che tanto “conoscono la strada” ma non hanno né roadbook né GPS.
In ogni caso rientramo a Lugo che è già buio e mi lamento con l'assessore allo sport
,che darà il via bardata con tanto di fascia tricolore d'ordinanza, per la mancanza di qualche bagno chimico in più, certamente poco estetico ma comodo per quel pubblico di prostatosi che sono in randagi. Altro tempo lo perdo a causa di una lunga intervista che una giornalista locale in cerca di colore mi infierisce. Sarà che la mia “sfolgorante” carriera politica mi ha abituato a raccontare cose banali facendole sembrare chissachè o complice uno degli amici modenesi che millanta le mie imprese in terra d'Albione comunque la tipa non mi molla più.
 Mangio poco e sbaglio. Rendo gli omaggi a “don” Lorenzo Borelli , storico organizzatore della 600 di Castelfranco, che oramai ha creato intorno a sé un bel movimento: sembra che almeno un terzo dei partecipanti oggi siano Modnesi...
Si riparte e quest'anno l'andatura è molto relax tanto che se non fosse per le urla dei ragazzi dei bar al nostro passaggio, peraltro ampiamente ricambiate dal gruppo pedalante, ci sarebbe da addormentarsi perciò dopo Zesena mi metto in testa al gruppo riportandolo su velocità sopra i 30kmh, scelta anche questa poco felice. Si inizia la salita del Carnaio e come sempre i primi scattano a manetta e come sempre io salgo ad una velocità sopra alle mie possibilità. Tutti gli anni succede così e quindi non mi preoccupo, restiamo in un gruppetto di 4 passiamo al controllo di Spinello,è sempre un bel ricodo..., ma mi accordo che gli altri per una ragione o per l'altra resteranno lì ad aspettare ragazze, amici o parenti. Io vorrei ripartire con qualcuno per non restare solo sul lungo falsopiano verso la salita della Calla, la più dura delle 5 che affronteremo. C'è anche un fortissimo e gelido vento in faccia che non aiuta certo. Riparto quindi abbastanza velocemente dopo aver mangiato qualcosina, con due tizi mai visti. In effetti mi danno una mano ma o loro sono molto più veloci o io sono molto cotto...uno dei due che è di San Marino racconta le sue sfortune alla qualificazione per la RAAM e anche alla 1001 miglia. Intanto inizia la salita e li invito a lasciarmi salire del mio passo ma loro, gentilmente, vogliono salire insieme cosa che mi tira ulteriormente il collo. Dopo qualche km mi lasciano con il classico”ci vediamo su” ma io sono in una crisi più buia del buio che ho intorno. Crisi di fame...in più ci sono queste bordate di vento gelido, siamo intorno agli 800mt, e quando mi fermo a mangiare qualcosa prendo anche freddo. Mi sembra di avere un'incudine nello stomaco. Riparto ma sto veramente male e per la prima volta medito il ritiro. Ma sono in culo al mondo alle 3 di notte su una strada di montagna dell'appennino Tosco-Romagnolo...continuare a salire è comunque la scelta meno peggiore almeno sto caldo....salgo piano e mi rifermo a mangiare qualcosa al paesino di Campigna poi faccio gli ultimi 3km fino al passo a 1300mt. dove fa sempre un freddo cane e soprattutto è freddo il bosco che si percorre in discesa verso Stia. Siano in piena foresta Casentinese e lì fa fresco anche d'estate , alberi d'alto fusto e torrenti rendono la temperatura ghiaccia e potete immaginare come siano le mie sensazioni da sudato-stanco-affamato-dubitoso.
Di tutti gli aggettivi l'ultimo in verità è il più pericoloso. E' successo che pochi giorni prima della randonneè parlando con mia moglie durante la cena per il 22° annoversario di matrimonio le ho mezzo promesso che fra un anno, dopo la Parigi Brest, ho intenzione di smetterla con queste follie notturne in bici. In verità è un pensiero che ho sempre avuto fin dall'inizio quando Paolo tre anni fa mi fece conoscere questo folle mondo di fakiri della sella. Tengo a precisare che il mio obiettivo successivo sarebbe comunque il giro del mondo in bici. Solo che una cosa è pensarle e un altro è dirle certe idee. Così mi si è insinuato un tarlo che è il nemico più pericoloso per un'attività per la quale il controllo mentale è fondamentale.
Ma supero la crisi e intanto tengo duro, inizia ad albeggiare. Prendo un po' d'acqua e mi torno a fermare un attimo a mangiare a Papiano vicino a dove da giovane ebbi le mie avventure da pastore.
Si torna a salire verso il passo di croce dei mori, l'alba infiamma il bosco, la natura si risveglia.
Io tiro avanti solo perchè so che mi aspetta la discesa più bella del mondo ovvero quella verso Dicomano. Fatela all'alba e capirete: vale la pena di fare questa rando anche solo per quella discesa . Con me scende un ragazzo di Bergamo che vive a Bologna e col quale avevo parlato sin merito alla scritta NO SUV che porta sulla bici. Mi aveva spiegato che è un'associazione informale contro l'abuso di Suv nelle città: essendo appena stato arrotato da un Suv a Carpi non posso che essere solidale con la causa. Comunque è alla prima notte randagia così gli racconto un po' di cose mentre arriviamo al controllo di Vicchio al Baraonda dove mi bevo una camomilla. sotto lo sguardo inorridito del barman, che mi sistema lo stomaco, ma non i muscoli, e ripartiamo in un gruppetto di 4 che però si sfalda appena accennata l'ultima lunga salita verso il passo della Colla. Si capisce che sono un esperto del percorso perchè non faccio più confusione tra passo della Calla e della Colla...qualsi alla fine ritrovo gli amici di Carpi con i quali pedaleremo fino a Lugo. Solita discesa su Marradi e salita del Beccuggiano: sono 5km ma tutti sull'8-!0% e dopo 350k non ho certamente voglia di scattare in salita come fanno i granfondisti che appunto stanno completando il giro di Romagna. Tra maledizioni e dolori finisce anche questo strappo e si arriva al ristoro pantagruelico che ci premia dopo tanta fatica. Ripartiamo nel gruppetto ormai consolidato con i due carpsani ed il bergo-bolognese. Come sempre veniamo risucchiati in un gruppetto di mufloni in calore da Granfondo anche loro diretti a Lugo e che per una volta si impietosiscono alla nostra vista e scendono “solo” a 40kmh. Il vento aiuta ma dopo Faenza lascio la compagnia: siamo a 18km dall'arrivo e stare lì a tirarsi il collo non ha senso per arrivare 10 minuti prima.
Timbriamo alle 12 meno 5 e Raffaele è molto felice di essere puntuale all'arrivo: abbiamo impiegato tra tutto 18 ore, pause e crisi comprese, per percorrere i 400k. Nella foto di gruppo indico con faccia
perplessa il punto della mia crisi 

comunque ce l'ho fatta e ringrazio i sempre gentili e disponibili organizzatori.
Il resto è doccia e pasta party e sonnellino in autostrada, tutte cose che ti riconducono mestamente alla vita di tutti i giorni, Un'altra rando è passata, un'altra crisi è stata andata e alla fine mi sento bene: esperienza in più e un'altra prova del fatto che senza sofferenza non si impara nulla nella vita...

domenica 4 maggio 2014

Weneto

Il Veneto mi piace, mi ci sento a casa. Forse perchè, partendo da una madre di Lubiana ed arrivando ad un padre bergamasco, Venezia si trova giusto a metà. Forse perchè Venezia è davvero una città di una bellezza unica e fuori dal tempo, forse perchè ci sono delle belle terme e ho buoni amici...comunque non avendovi mai pedalato seriamente ho pensato quest'anno di inserire nel mio programma la 300km di Oderzo. Il percorso si snoda dalla pianura verso nord fino a lambire le Dolomiti che sono sempre un bello spettacolo soprattutto se viste con gli occhi e le emozioni di chi come il ciclista o il caminatore viaggia dentro la natura. Beh lo spettacolo questa volta si è po' fatto desiderare vista la giornata peciosa ma i bei panorami non sono comunque mancati.
Ma andiamo con ordine e resettiamoci al km 0 presso il camposportivo di Piavon d'Oderzo base logistica del buon Giuseppe Ovelli, appassionato organizzatore di randogiri.
Questa volta abbandonare alle 3,45 il comodo piuma dell'albergo di Montegrotto terme nel quale avrei potuto gustare una luculliana colazione e goduriose acque termali, peraltro già pagate, è stato particolarmente difficile. Non so se vi capita di farvi talvolta delle domande sul senso della vita in generale e delle varie azioni in particolare, se la risposta è no siete fortunati se sì avete dei dubbi..generalmente l'inerzia li sommerge e continuate imperterriti ma alle volte è anche saggio cambiare idea. Purtroppo o per fortuna la mattina del 13 aprile il richiamo dell'avventura è stato ancora il più forte e mi ha fatto trascinare tra il centinaio di randagi convenuti da posti ancora più distanti della bassa modenese. C'è ad esempio Paride che a giugno partirà per la sfida della RAAM che ne ha approfittato per venire in bici da Milano... 300km di antipasto notturno. Poi ci sono anche gli altri randagi di Carpi e qualche altra faccia nota. Mischiati a randonneur DOC ci sono anche i soliti mufloni locali da granfondo che colgono l'occasione per una “garetta” a poco prezzo e sulle strade di casa. Purtroppo questa categoria non conosce mezze misure, parte a balla, continua a balla e così arriva, se arriva, alla fine. E davanti a tirare il gruppo ci sono sempre loro...inizia a piovigginare quando ad un incrocio non frecciato il gruppo si ferma: nonsoperchè ma ti illudi sempre che chi sta davanti sappia anche dove sta andando e poi capisci che invece non ha neppure la lucidità di guardare il navigatore, se l'ha..., comunque si presenta l'annosa questione: seguire le frecce i il GPS? Quando riprendo a pedalare il gruppo se ne è già andato e mi metto con altri all'inseguimento anche se so che i mufloni sono quasi imprendibili poi ad una rotonda bagnata i primi due vanno per le terre e lo spettacolo fa rientrare a più miti consigli i pochi ardimentosi. Attraversiamo la bella Vittorio Veneto e la strada inizia leggermente a salire verso il Fadalto. In cima c'è il primo controllo e mi fermo a timbrare al bar trovando il buon Paride alle prese di un pantagruelico panino, si vede che l'aperitivo notturno ha funzionato...poi riparto e scopro che il vero controllo era al bar successivo ma va bene così, siamo in Italia...
Il mio cell è andato in tilt e questa è l'unica foto, forse la più brutta,che si è salvata. E' il bar del primo controllo e comunque aiuta a capire che bel clima ci aspettasse sul Fadalto...

In discesa si passa prima sul lago Morto poi su quello di Santa Croce e mi fermo a fotografarlo guardando se si scorge quello delle Risurrezione che però pare coperto dalle spesse nubi...dev'essere in ogni caso molto bello d'estate ma oggi apprezzo la strada larga e ben tenuta che ci porta alla stazione dal curioso nome di Polpet. L'obliteratrice, come spesso capita quando devi tibrare un pezzo di carta bagnato, non funziona e intanto il gruppo se ne va ,il che richiede una tirata fino a Belluno per ritrovare qualche compagno di gita....passato Belluno svetta uno splendido cartellone sull'agibilità delle salite circostanti: Giau, Pordoi, Campolongo ecc. essere lì per un ciclista è come per un attore essere sulla Croisette, ma il nostro passo che imbocchiamo vicino ad Agordo non è così blasonato, anzi non ha neppure un nome...ci porta a 1000mt e lì c'è il buon Giuseppe con ristoro e controllo. Gli avevo detto del mio vegetarianesimo e lui, gentilmente, mi ha preparato un ottimo risotto col tonno. Il che fa partire una surreale discussione , degna di una postilla a “the China study” sul liceità o meno di chiamare vegetariano chi si astiene dalla carne ma non dal pesce, certo neppure il formaggio è vegetale...intanto il riso non c'è e comunque non ne avrei neppure voglia: è freddo e fa freddo, c'è ancora la neve lì in giro e sono cose che in discesa ti si bloccano spesso sul gargozzo. Mangio dolci e riparto per la lunga discesa che passando dal lago del Mis ci riporta verso la pianura. Qui a poco a poco si forma il gruppetto col quale pedalerò gli altri 150km, come spesso accade le forze si sono abbastanza equilibrate e si pedala dandosi il cambio di buon accordo. Si scende vicino al Sacro Piave e mi domando cosa abbia di speciale questo bel fiume per fargli meritare tale aggettivo...forse che il fatto di averlo riempito di sangue italo-austriaco durante quell'inutile mattanza che fu la prima guerra mondiale lo può renderlo più sacro dell'Oglio o del Panaro? In verità quello che mi incuriosisce di più sono i toponimi locali credo ladini o giù di lì...incontriamo un paese che si chiama Quero Vas e sembra l'unione tra una parola spagnola e una slovena (in slovenia vas è un paesino) poi scopro che questo è uno dei rari casi dove due paesi hanno deciso insieme via referendum di unificarsi.
Ormai tira aria di casa e verso Conegliano c'è la possibilità, tra uno sterrato e l'altro di fare quattro chiacchiere con i compagni di viaggio. Scopro che c'è un tipo bello tosto che infatti solo una settimana prima era in SudAfrica per l'Iron man , e infatti tira come un satrapo, ed un alto udinese, granfondista pentito, che lavora dalle “mie” parti ovvero a Concordia. I pezzi in sterrato comunque non li digerisco e non capisco perchè chi disegna le Rando provi il gusto sadico di mettere questi trabocchetti nella parte finale di un giro dove uno magari è già stanco e deconcentrato e per una buca piena di ghiaia finisce per farsi del male per niente. Stesso discorso vale per la sezione dell'Eroica durante la 1001 miglia, o per le stradine ghiaiate alla fine della Verona Resia oppure l'ultimo tratto della LEL .
Comunque arriviamo all'ultimo controllo, a 12 km dall'arrivo?!?, il cui unico senso è far lavorare qualche bar locale, infatti i miei soci si inchiodano davanti ad una Osteria dove si attaccano con gusto ad una bottiglia di Raboso e non ne vogliono più sapere di ripartire. Ne vuole invece sapere alla grande un energumeno tutto griffato Sportful che ci sorpassa ai 40 kmh credendo evidentemente di essere ad una GF e di doversi giocare il piazzamento in volata...naturalmente la sorte lo punisce e sbaglia strada cosa che mi permette con un piccolo scatto di andarlo a riprendere e ricondurlo con tutti gli altri, come si conviene, per un arrivo tranquillo e in gruppo.
Ritorniamo all'ovile dopo 10h e 20 alla poco randagia media di 28,7kmh. Mi colpisce che le tavolate del pasta party siano disseminate di brocche di vino bianco e rosso che fanno la felicità dei ciclo-baccari locali...manca invece uno schermo dal quale vedere l'arrivo della Parigi Roubaix ma onestamente dopo tante ore di strade sconnesse e bucherellate, ruote e fondoschiena maleodoranti preferisco salutare amici e parenti dando l'appuntamento alle prossime avventure e ritornare mestamente da queste belle terre verso il piattume modenese. Notte putei, se vedemo...